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“Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino”: ricordi e pensieri di Thomas Haustein

La piaga della droga e della prostituzione minorile nella Berlino di fine anni Settanta; il racconto del libro autobiografico di Christiane Vera Felscherinow viene trasformato nell’omonima pellicola nel 1981: il film “Wir Kinder vom Bahnhof Zoo”, prodotto nell’allora Germania Ovest, viene magistralmente diretto dal regista Ulrich “Uli” Edel. La colonna sonora è quella delle grandi occasioni: la firma è di David Bowie, la cui versione di “Heroes” in inglese e in tedesco resta tuttora uno dei brani più conosciuti e amati del cantautore. Il film è in realtà un documentario che non risparmia scene crude e drammatiche; non cela dietro alcun finto perbenismo il linguaggio, a volte osceno, di adolescenti cresciuti nei sobborghi e nei quartieri dormitorio di Berlino: giovani vite alle prese con il degrado sociale e soprattutto con la tossicodipendenza. Il luogo preferito dai ragazzi è la discoteca “Sound”, pubblicizzata in quegli anni come “la più moderna discoteca d’Europa”.

C’è anche la storia di un’amicizia intensa, che pian piano si trasformerà in una vera e propria relazione: quella tra la protagonista Christiane, interpretata da Natja Brunckhorst, e il coetaneo Detlef, interpretato da Thomas Haustein. I due giovani, insieme al resto della comitiva, trascorreranno intere giornate tra la stazione dello Zoo di Berlino e la discoteca, assumendo sostanze stupefacenti: dagli acidi fino all’eroina. Strada facendo i due protagonisti arriveranno a prostituirsi per racimolare del denaro e proveranno inutilmente a disintossicarsi da sé. La dipendenza è però sempre troppo più forte di loro, nonostante abbiano già visto morire di overdose alcuni giovanissimi compagni di sventura: i loro volti, disperatamente persi nel vuoto, campeggiano sulle prime pagine dei giornali del mattino, come allarmi di esistenze tragicamente ignorate dal menefreghismo e dal viavai di una stazione della metropolitana. Christiane, perdendo le tracce di Detlef, alla fine andrà via da Berlino per intraprendere una lunga terapia di disintossicazione.

Thomas Haustein, all’epoca adolescente come gli altri protagonisti della pellicola, ha raccontato a zoomma.news alcuni suoi ricordi e pensieri in un confronto tra passato e presente. Pur non avendo continuato con l’esperienza di attore, condivide tuttora coi fans sui social le immagini del film e non di rado viene chiamato col nome Detlef. La ragione di questo successo personale – come ha ammesso lo stesso attore – è probabilmente dovuto al fatto che il film è diventato negli anni un cult per diverse generazioni.

Scopriamo che oggi in realtà Thomas, pur lontano dal cinema, è rimasto in qualche modo emotivamente e professionalmente legato alle vicende narrate in un film che lo ha molto colpito. «Lavoro a contatto con i consumatori di stupefacenti in un centro di recupero. Ho dovuto studiare molto per prepararmi a operare in questo campo. All’epoca non ho avuto un impatto emotivo nel dovermi calare nel ruolo di Detlef: sono entrato in questa storia in modo deciso, ascoltando le indicazioni del regista Uli Edel; ma in seguito, dietro le quinte del set, ho avuto una reazione emotiva. Se dovessi tornare oggi a recitare mi piacerebbe un ruolo in un film comico, magari uno di quelli di Roberto Benigni che apprezzo molto», ha sottolineato Thomas.

Una data significava per Thomas è stata il 10 gennaio 2016: pochi giorni dopo l’uscita dell’ultimo album “Blackstar”, muore a New York David Bowie stroncato da un male incurabile. «La notizia della sua morte mi ha colpito molto profondamente; amavo la sua arte, il suo modo di essere, e tutto ciò che ci ha donato. Quando ho saputo che era molto malato, tenevo accesa comunque una speranza; ma quando poi ho saputo del suo decesso, sono stato davvero affranto. In generale mi rende ansioso sapere che il tempo scorre velocemente e che l’ultima stazione è sempre più vicina», ha confessato Thomas raccontando poi invece un aneddoto molto simpatico relativo ad un recente incontro con l’attrice Natja Brunckhorst sui luoghi in cui fu girato il film, compresa la celebre Bahnhof Zoo. «E’ stato un giorno davvero speciale e ho trascorso delle ore meravigliose. Ricordo che ero molto nervoso e non riuscivo a stare fermo nell’attesa che lei arrivasse: mi spostavo da un posto all’altro, camminando e mettendomi seduto. Era la prima volta in cui potevo ascoltarla e chiedere notizie su di lei, da quando avevamo girato il film», ha voluto commentare questo incontro chiudendo con una risposta a un quesito ben preciso.

Sei mai stato nella Repubblica di San Marino o hai comunque letto qualcosa sulla sua storia? «Sono molto spiacente ma non ci sono mai stato; dopo aver ricevuto questa domanda, ho iniziato a leggere qualcosa sulla storia di una delle più antiche repubbliche che abbiamo in Europa: “Relinquo vos liberos ab utroque homine”», ha concluso Thomas citando il noto motto di perpetua libertà legato al Santo Marino.

Simone Sperduto

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