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Il racconto “Sakura” vincitore del concorso “Raccontami una storia: parlami di te”

Il racconto “Sakura” di Adriana Valenza è il vincitore del concorso letterario per racconti brevi “Raccontami una storia: parlami di te”, iniziativa organizzata dalla Carlo Biagioli srl

Sakura

Eccomi ai piedi del castello di Himeji, sommersa da una nevicata di petali rosa. Li vedo cadere in una danza, ma non per morire sul terreno, bensì per adagiarsi a vedere cosa ancora possa fare la Natura in loro assenza. Mi siedo sotto un albero di ciliegio e stringo tra le mani il libro, “quel” libro, il libro delle mille storie, il libro della mia infanzia: il dono del nonno!

Ricordo l’espressione incredula del notaio quando, all’apertura del testamento olografo consegnatogli, lesse: «Alla mia Beatrice va lo scrittoio». Non so se il rigido uomo di legge rimase stupito per il lascito o per la mia commossa gioia alla notizia, seppure non avessi ereditato né la villa, né gli uliveti, né i soldi. Ero forse strana ai suoi occhi o, quanto meno, “singolare”; proprio come il nonno che aveva lasciato tutto il suo cospicuo patrimonio in beneficienza con il vincolo di costruire una scuola e una piccola biblioteca a Fukushima. Per il resto, niente a nessuno, nemmeno al suo unico figlio -mio padre- sempre in giro per il mondo a sfamare il suo ego, al contrario del nonno che era rimasto tutta la vita nel suo paese e che mi aveva cresciuta. Lui, l’unico scoglio saldo a cui mi appigliavo, piccola naufraga travolta da vortici di anaffettività familiare patologica.

Il notaio, imbarazzato, mi diede una busta con la chiave del cassetto dello scrittoio. Andai nel pomeriggio nella casa, ormai abbandonata, da quando il nonno, divenuto troppo “stravagante” con l’età, venne gentilmente sistemato in una casa di cura per ammalarsi lontano dai suoi libri.
Quanto tempo era passato…quante emozioni legate soprattutto ad una stanza, la stanza dei pensieri -così la chiamavamo noi- il regno in cui solo io ed il nonno avevamo accesso. Sentivo il cuore scalpitare quando fui davanti alla porta chiusa. Cercai di rilassarmi: non poteva fare rumore nemmeno il mio cuore in quel tempio sacro, in cui da bimba entravo in silenzio, quasi ipnotizzata dal mondo magico che mi aspettava al di là della soglia.

Su tre pareti celesti erano appoggiate le librerie, stracolme di libri di ogni grandezza, di svariati scrittori e poeti italiani e stranieri (in traduzione, perché il nonno non conosceva nessuna altra lingua), messi vicini senza alcun ordine né di autore, né di genere, né di altezza, neanche di colore di copertina: un caos che trasformava quella stanza in un caleidoscopio, attraverso cui ogni sogno si rifrangeva su qualunque scritto si posassero gli occhi.

Ma, vicino allo scrittoio, la parete più incantevole era la quarta, su cui il nonno annotava i suoi pensieri o riportava, con la data, alcune citazioni di libri; insomma rubava sensazioni empatiche al suo sentire oggettivandole nelle righe nere che attraversavano l’intonaco. Mi appoggiai allo scrittoio e da lì curiosai: -E l’amore guardò il tempo e rise, perché sapeva di non averne bisogno- Pirandello. -Sappi, dunque, che dal gran silenzio ritornerò- Gibran. L’ultima citazione era un haiku del guerriero Asano Naganori: I fiori di ciliegio non sono molto contenti a lasciare (l’albero). Cosa sarà del mio desiderio di assaporare la primavera?

Autore immagine: Giovanni Di Lorenzo

Nel cassetto trovai il libro, quello che ogni sera il nonno mi leggeva e che, però, mi era proibito toccare; accanto c’era una lettera in cui lui mi vietava ancora di aprirlo, dicendomi che avrei dovuto farlo in occasione dell’ Hanami, la festa in cui in Giappone si ammira la fioritura dei ciliegi; c’era anche un biglietto aereo, di sola andata, per Osaka.
Quel libro gli era stato regalato dal suo primo amore: una giovane giapponese incontrata per caso in una libreria di Prato. Proprio la passione per la lettura li aveva uniti e lui l’aveva amata fino a quando lei dovette tornare al suo paese, lasciandogli in pegno questo libro. Forse per questo motivo ne fu sempre così geloso.

Ogni sera lo prendeva con attenzione, ne sfogliava le pagine e, per ben 10 anni, mi raccontò le storie contenute. Racconti fantasiosi di altruismo e bontà, storie di samurai e di geishe, di filosofia Zen, ma quella che più mi affascinava riguardava la principessa Yongtai, che decise di abbandonare la vita di corte e di dedicarsi al Buddismo e alle arti marziali, diventando la prima grande maestra di Kung-Fu. A volte mi chiedevo come facesse un libro di circa un centinaio di pagine a contenere tutte quelle storie così ricche, così preziose.

E adesso sono qui, nel labirinto dei ciliegi, e tengo in mano il “nostro” libro: la copertina, di un verde-alga scuro, è ruvida al tatto, un po’come il nonno. Finalmente lo apro. Ha le pagine di carta di riso ingiallite; tremante guardo la prima: c’era una dedica dell’amata Yukari che ne spiegava il titolo: «Sakura è il fiore del ciliegio delicato e rosa, la cui fioritura è di breve durata, per cui è il simbolo della fragilità, ma anche della bellezza dell’esistenza. Sakura sei tu, mio caro Enzo». Una dedica a matita da cancellare quando non l’avesse più amata e che, invece, era rimasta là per tutto il tempo.
Sfoglio il libro e trovo solo degli ideogrammi indecifrabili. Mio nonno aveva mentito: aveva inventato ogni giorno una storia per me. Ogni segno oscuro e complicato aveva sollecitato la sua immaginazione; del resto, in ogni parola si nasconde non solo l’anima dello scrittore, ma anche quella del suo lettore. Compresi allora che il nonno mi aveva lasciato in eredità la cosa più bella del mondo: la possibilità di creare la mia storia!

Adriana Valenza

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