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Zara s’impegna a diventare detox!

Activists dressed as 'revolting mannequins' in Taipei, through street theatre demand Zara 'Detox' now. During a day of action worldwide, 700 Greenpeace activists in over 80 cities demand that the worlds largest fashion retailer, Zara, eliminate all hazardous chemical from its clothing and supply chains.

 

 

Zara s’impegna a diventare detox!

La più grande azienda di moda, Zara, e la sua casa madre Indetex, hanno firmato giorni fà l’impegno per eliminare le sostanze chimiche pericolose dai loro prodotti lungo tutta la catena di fornitura entro il 2020.

Questa vittoria è stata possibile grazie a tutti i modaioli, fashion blogger, attivisti e le oltre 315mila persone che nei giorni scorsi hanno firmato la petizione “Libera Zara dalle sostanze tossiche”.

Zara è l’ottavo marchio che si impegna a diventare toxic free da quando Greenpeace ha lanciato la campagna Detox nel 2011.
Inditex richiederà a 20 fornitori di rivelare i valori delle emissioni delle sostanze chimiche pericolose a partire da marzo (e ad almeno 100 fornitori entro la fine del 2013), garantendo a coloro che vivono vicino alle fabbriche tessili il diritto a ricevere informazioni corrette sugli scarichi di sostanze pericolose nell’ambiente, tra cui quelle di coloranti azoici che liberano ammine cancerogene.

Zara rafforzerà il processo di eliminazione degli alchilfenolestossilati dai prodotti e fisserà ulteriori scadenze a breve termine per l’eliminazione delle sostanze chimiche pericolose prioritarie, tra cui i perfluorocarburi (PFC).

Se la più grande azienda della moda può realizzare vestiti senza sostanze tossiche, non ci sono scuse per gli altri marchi che devono ripulire la loro catena di fornitura. I consumatori di tutto il mondo hanno fatto sentire la loro voce ed è ora per gli altri marchi come Esprit, Gap e Victoria’s Secret di ascoltare i loro clienti e sbarazzarsi delle sostanze tossiche.

L’impegno di Zara è arrivato appena dopo nove giorni dal lancio del rapporto internazionale “Toxic Threads: The Big Fashion Stitch-Up”. Da allora sono state decine di migliaia le azioni su Facebook, Twitter, e oltre 700 persone hanno manifestato fuori dai negozi Zara in tutto il mondo.

L’impegno di Zara ad agire con più trasparenza è una pietra miliare nella produzione tessile e sarà la chiave di volta per convincere gli altri marchi a impegnarsi verso l’azzeramento delle emissioni di sostanze pericolose entro il 2020. Essere fashion senza inquinare è possibile.

Zara (marchio del gruppo Inditex), H&M e Benetton sono i marchi all’“Avanguardia”, perché hanno tenuto fede ai loro impegni verso la completa eliminazione delle sostanze tossiche.

La lista “nera” nel mirino di Greenpeace è ampia: Esprit, Nike, Victoria’s Secret, e LiNing vengono relegati nella categoria “Retrovie” perché non hanno compiuto i passi necessari ad impedire l’inquinamento da sostanze chimiche generato dalle loro filiere produttive.

Questa, la sintesi della “Sfilata Detox” di Greenpeace pubblicata giorni fà. La classifica valuta i progressi di 19 grandi marchi della moda verso la completa eliminazione delle sostanze tossiche. «Facciamo i complimenti a Benetton, H&M e Zara per come stanno guidando l’intero settore e imponendo un nuovo standard, a livello mondiale, per una moda libera dalle sostanze tossiche», dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace Italia. «Queste aziende stanno dimostrando nei fatti che ripulire l’industria della moda dalle sostanze tossiche è già possibile».

La Sfilata Detox valuta le prestazioni delle aziende che hanno aderito alla campagna di Greenpeace secondo criteri come l’eliminazione delle sostanze chimiche pericolose dai loro prodotti e dai processi produttivi e la pubblicazione di informazioni trasparenti sugli scarichi di sostanze tossiche da parte dei propri fornitori.

Dei 19 marchi internazionali valutati, 12 si trovano nella categoria “La moda che cambia” ovvero rientrano tra quelli che – nonostante i numerosi progressi – devono migliorare in alcuni criteri di valutazione per poter rispettare le scadenze del 2020, che prevedono la completa eliminazione delle sostanze tossiche. Ad esempio Adidas, Burberry, Levi’s, Primark e Puma, adottando la lista di sostanze da eliminare proposta dal gruppo ZDHC (Zero Discharge of Hazardous Chemicals), che valuta solo le immissioni di sostanze inquinanti e prevede limiti di tolleranza per alcune sostanze chimiche, continuano a tollerare l’inquinamento prodotto nelle varie fasi di lavorazione. Altri marchi come C&A, Fast Retailing, G-Star, Mango e gli italiani Valentino e Miroglio pur rientrando nella stessa categoria, hanno un punteggio più alto poiché hanno ottenuto risultati migliori in termini di eliminazione delle sostanze chimiche e trasparenza delle filiere produttive.

Combattere l’inquinamento delle acque causato dall’industria tessile e dell’abbigliamento è diventata un’emergenza ambientale sempre più urgente, specialmente in Paesi come la Cina dove più dell’80 per cento delle acque di falda non è potabile. Infatti secondo un’analisi pubblicata quest’anno dal Ministero per le Risorse Idriche cinese, quattro quinti dell’acqua proveniente da pozzi in Cina non è sicura a causa dell’inquinamento.

Il settore tessile italiano al contrario ha dimostrato una maggiore sensibilità per quel che riguarda l’eliminazione delle sostanze tossiche. Infatti, tra le aziende del nostro paese che hanno sottoscritto l’impegno Detox, oltre a marchi famosi come Benetton, Valentino e Miroglio, ci sono ben 50 aziende tessili e 27 di queste appartengono al distretto di Prato, il più grande distretto tessile europeo, che di fatto è diventato il cuore della rivoluzione Detox in atto nel nostro paese. «L’impegno assunto da numerose realtà tessili italiane dimostra come produrre rispettando l’ambiente, la salute e la sicurezza dei consumatori sia già possibile e alla portata del mercato» conclude Ungherese. Nel mondo di oggi non si può non fare i conti con il rispetto della salute e del pianeta. E’ un dovere al quale tutti siamo chiamati.

 Giulia Castellani

 

 

 

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