giovedì , Aprile 25 2024

L’opinione del fashion system sul Brexit.

 

Un coro abbastanza consistente, nel fashion system, intona un “Remain” al referendum Brexit. La Gran Bretagna esce dall’Unione Europea dopo il referendum Brexit e le conseguenze per l’economia non saranno poche.
Fino all’ultimo il mondo della moda inglese ma anche internazionale si era pubblicamente schierato contro l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, convinti dei rischi e delle conseguenze artistiche e economiche che avrebbe avuto questa decisione.

La moda, un settore che in Gran Bretagna vale 26 miliardi di sterline (dato 2014) , non è rimasta impassibile.
Gli inglesi però, con il referendum, hanno infatti deciso di lasciare l’Unione Europea, certamente con i suoi limiti e difetti, ma anche con i suoi benefici economici e culturali. E Londra, sede di una delle Fashion Week più rinomate al mondo, così come l’intero mondo della moda, certamente dovrà fare i conti con questa decisione.
I designer avevano detto la loro, votando in massa (secondo sondaggio condotto dal British Fashion Council la percentuale superava il 90%) contro l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Poi, il brusco risveglio: oltre il 51% dei britannici ha votato sì, il premier Cameron si è dimesso, la sterlina ha perso valore sul dollaro, i mercati asiatici hanno chiuso in calo e gli occidentali stanno vivendo i postumi di un Venerdì nero.

 

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L’irriverente Vivienne Westwood che si era fortemente esposta per il Remain posta questa mattina sulla propria pagina Facebook ufficiale un’immagine con la scritta “No Future” a ribadire la scelta, a suo parere sbagliata, dei propri concittadini. Solo pochi giorni fa aveva postato una sua foto mentre indossava una maglia che invitava gli inglesi ad andare a votare per mantenere la Gran Bretagna nell’UE e non aveva perso occasione di ribadire la sua posizione durante la Fashion Week londinese dedicata alla moda uomo. Della stessa opinione sulla Brexit i coniugi Beckham, entrambi fortemente ancorati sul Remain. Sia Victoria che David si erano ampiamente battuti attraverso i loro social network per la campagna per restare in Europa.

Tra gli altri convinti del Remain per la Gran Bretagna personaggi del calibro delle modelle Naomi Campbell e Cara Delevigne ma anche Wolfgang Tillman, Rankin, Damien Hirst, Nick Knight, Mert Alas, Gareth Pugh e Rita Ora..

“In qualità di organizzazione no profit che ha come scopo quello di promuovere l’industria britannica della moda nel mondo lavoriamo costantemente con molti soggetti governativi per assicurarci che il Regno Unito rimanga leader sia nell’industria della moda sia in quella creativa – ha spiegato Caroline Rush ceo del British Fashion Council – . Continueremo a fare questo con tutti i nostri partner, in patria e all’estero. Dal sondaggio che abbiamo condotto sui designer è emerso un dilagante supporto all’idea che il Regno Unito rimanesse in Europa e non ci sono dubbi in merito all’irritazione e allo sgomento di fronte ai risultati che avranno effetto sui nostri amici, partner e colleghi in Europa. Ora il nostro ruolo è quello di mantenere il Governo aggiornato sulle priorità della nostra industria e tenere aggiornati i designer su tutte le possibili ripercussioni che l’uscita del nostro Paese dall’Ue nei prossimi anni potrà avere”.

Recitava cosi la dichiarazione ufficiale del British Fashion Council.

Il peso del Regno Unito nel fashion system internazionale è duplice: la Gran Bretagna è un mercato chiave per la moda, a partire da Londra, considerata a buon diritto una piazza d’avanguardia in termini di tendenze e, insieme, una città cosmopolita per frequentazioni.

Nel 2014 ha accolto 17,4 milioni di turisti – e, di conseguenza, acquisti. È patria di importanti player del settore moda, dal fast fashion (Topshop e Asos) al lusso: oltre che a Burberry, storica casa di moda inglese, ricordiamo Alexander McQueen e Stella McCartney.

Il Regno Unito è soprattutto il quarto cliente dell’industria tessile-moda made in Italy: nel 2015 secondo i dati Smi l’Italia ha esportato in Uk prodotti del settore tessile-moda per oltre 1, 8 miliardi di euro, pari al 6,2 % della quota export, e soprattutto in crescita del 10,5% rispetto all’anno precedente. Il 2015 ha messo a segno anche un’importante crescita dell’import italiano dal Regno Unito: il nostro Paese ha importato prodotti tessili-moda dallo Uk per 431 milioni di euro, in aumento dell’8% sul 2014.

 

L’addio del Regno Unito all’Europa potrebbe portare con sè qualche vantaggio: «L’uscita della Gran Bretagna dall’Europa ci fa perdere un avversario che sia nel passato che nel presente ha osteggiato la nostra industria: dalla battaglia sulle produzioni del Pakistan, al riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina, fino appunto al Made In», pensa  Claudio Marenzi, presidente di Smi.

In che direzione andremo, ancora non è chiaro,  di sicuro sono dati molto importanti per essere ignorati e soprattutto per pensare che questo grosso cambiamento non lasci strascichi nel futuro del fashion system “Europero”.

Nelle pagine dei giornali, delle ultime ore si legge molta confusione nella mente degli inglesi, sull’esito.

Si sono addormentati “comunitari” e si sono svegliati “extra-comunitari”, alcuni sembrano essere confusi e dispiaciuti, altri forse non hanno ancora realizzato cosa sia successo!?

Non ci rimane che stare a guardare cosa succederà!

 

Giulia Castellani

 

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