mercoledì , Aprile 24 2024

Ogni crisi sviluppa opportunità. Una nuova per il Made in Italy?

La Cina, con il Made in Italy cosa centra?

La Cina cambia pelle, ma svela nuove opportunità per il made in Italy.Da un lato,le griffe si chiedono come rispondere all’evoluzione del mercato cinese, oggi nel vivo di una fase di chiusura di negozi senza precedenti nella storia del lusso. Dall’altro lato, l’innalzamento delle capacità e degli obiettivi produttivi dell’Ex Celeste Impero aprono nuovi spazi alla filiera tessile italiana.

Il 2015 si è chiuso con una crescita del Pil del 6,9% (il progresso più basso dal 1990, e lontano dal +10,3% messo a segno nel 2010) e un primo trimestre 2016 a +6,7 per cento, come riportano i dati dell’Ufficio Nazionale di Statistica della Repubblica Popolare Cinese.

Ma, udite udite, c’è un interessante dato in controtendenza che arriva dall’export italiano: le esportazioni italiane di prodotti tessili nel Gigante Asiatico sono cresciute del 15,4% da gennaio a marzo 2016. Una sorpresa che sembra evidenziare come, nello stesso mercato che ha registrato una vistosa frenata dei consumi di lusso, ci siano nuovi sbocchi per le produzioni italiane.

Secondo i dati forniti dall’Agenzia Ice, nel 2015, in Asia, le esportazioni italiane di prodotti tessili hanno messo a segno un aumento del 6,9%, mentre l’abbigliamento e gli articoli in pelle hanno registrato, rispettivamente, un +7,9% e un +6,7 per cento. Trainante rispetto ai dati dell’intero continente, la performance cinese, con esportazioni dal Bel Paese che nei dodici mesi aumentano, per i tre settori sopracitati, rispettivamente dell’11,9%, dell’8,8% e del 10 per cento.

Ma non è tutto, il vero cambio di marcia è avvenuto nel 2016. Da gennaio a marzo dell’anno in corso, a crescere in Cina sono stati soltanto gli scambi di prodotti tessili (+15,4% appunto), contro il -6,4% e il -8,7% di apparel e articoli in pelle. In direzione dell’Ex Celeste Impero, la tessitura italiana può dunque dare nuovo impulso alla sua vocazione internazionale, pronta a fare meglio del +2,1% medio annuo di vendite estere registrate nel 2015 per oltre 29 miliardi di euro (dati Smi-Sistema Moda Italia).

E in questa panoramica, i dati del retail come sono?

La partita cambia.

Si attendono spostamenti e riequilibri consistenti. In base al report The Luxury retail network opportunity in China di Exane Bnp Paribas, se negli ultimi cinque anni il 40% della crescita del fatturato del settore lusso è stata determinata proprio da un aumento degli spazi commerciali, la maggior parte dei grandi marchi del lusso sarebbe oggi già oltre le proprie “opportunità” di espansione, destinata a proseguire in modo più misurato. Sempre secondo gli analisti dell’investment company, tra le grandi griffe che presentano i maggiori margini di crescita retail nel Gigante Asiatico ci sarebbero oggi Michael Kors, Hermès e Tiffany.

Ci troviamo di fronte a una rinascita del drago? A un cambiamento, una mutazione?

Il rallentamento economico è chiaro. Ma si tratta di un riposizionamento, anche culturale, che offre importanti opportunità. E il tessile made in Italy già festeggia.

Il Dragone cambia pelle, forse rallenta, ma contemporaneamente svela nuove opportunità per il made in Italy. I grandi marchi del lusso si chiedono come rispondere all’evoluzione del mercato cinese, cinque anni fa El Dorado della moda, oggi nel vivo di un’indicativa fase di chiusura di negozi. Per contro, l’innalzamento delle capacità e degli obiettivi produttivi apre nuovi spazi alla filiera tessile italiana, che rendono l’Ex Celeste Impero un impensato alleato per il futuro.

Bisogna analizzare l’evoluzione e saper cavalcare quest’onda in modo che per il nostro mercato si trasformi in una splendida opportunità di ulteriore crescita.


I dati dell’
Ufficio Nazionale di Statistica della Repubblica Popolare Cinese confermano infatti la fase di rallentamento, inquadrando un 2015 in calo, ma con un interessante dato in controtendenza che arriva dall’export italiano: le esportazioni italiane di prodotti tessili nel Gigante Asiatico sono cresciute del 15,4% da gennaio a marzo 2016. Siamo di fronte a  nuovi sbocchi per le produzioni italiane.

“La Cina – ha raccontato a Pambianco Magazine,  Amedeo Scarpa, direttore dell’agenzia Ice di Pechino e coordinatore della rete di uffici Ice in Cina e Mongolia – è un Paese che vive un grande cambiamento. E’ un Paese che rallenta o che, come dice il governo di Xi Jinping, cerca un new normal. La crescita non è più a due cifre. Il Paese non può più contare sui costi di produzione più bassi al mondo, e per questo deve puntare su una maggiore qualità dei servizi manifatturieri e su più oculati investimenti all’estero. Il nuovo piano quinquennale al 2020, quello che vuole una Cina più attenta all’andamento dei consumi interni, ai diritti di proprietà intellettuale e alle importazioni di prodotti di qualità, può presentare nuove opportunità per il made in Italy”.

IL VANTAGGIO DELL’INDOCINA
L’Italia non è però il solo soggetto a poter beneficiare del riposizionamento cinese: “Anche alcuni Paesi del Sud-est asiatico – ha continuato Scarpa – stanno implementando la produzione di filati di qualità e quindi possono diventare competitor dell’Italia, complice anche la maggiore vicinanza geografica alla Cina. L’Indocina ha inoltre il vantaggio competitivo di potersi ancora permettere la produzione a basso costo. In quanto subcontinente, anche l’India potrebbe insidiare la Cina, ma per ora il livello delle infrastrutture nell’area resta arretrato”.
La normalizzazione del Gigante Asiatico traduce il passaggio da economia emergente a economia matura, da corsa alla quantità a ricerca della qualità, con una crescita più sostenibile, con minori investimenti pubblici e maggiore attenzione ai servizi. Tra le decisioni del governo cinese anche la svalutazione della moneta, lo yuan, con cui tenta di fronteggiare il calo delle esportazioni e di stimolare la domanda interna. A risentire di questo scenario sono per lo più le aziende del lusso che vendono nell’Ex Celeste Impero, costrette a fare i conti con un mercato già ampiamente presidiato e sempre più selettivo.

Un lusso light insomma..
Con una popolazione che sfiora gli 1,4 miliardi di individui, di cui quasi 700 milioni accedono regolarmente a internet, con un tasso di diffusione della rete pari al 50,3% (dati del
37° Rapporto statistico sullo sviluppo del Web in Cina, pubblicato dal Centro di Informazioni cinese su Internet) la Cina, del resto, è il Paese con più alto numero di utenti web al mondo. “A diventare sempre più popolare – si legge nel 2016-2020 Analysis report on market research and development trend of Chinese apparel luxury goods del China industry research web – è il concetto di light luxury, che rappresenta un vero e proprio stile di vita, soprattutto per le nuove generazioni”.

Come ogni crisi che si rispetta, anche questa cela nuove opportunità.

Il mercato muta velocissimamente e solo chi è in grado di leggere con grande anticipo e lucidità gli assetti e le dinamiche può farne uso e tesoro. Staremo a vedere che nuovi scenari si apriranno. Siamo curiosi.

Dati e informazioni presi da Pambianco.news)

 

Giulia Castellani

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