Le carriere dei pugili, solitamente, si compongono del record da dilettante e di quello da professionista.
Quella di Ron Lyle si divide in incontri da carcerato e match da uomo libero.
I genitori di Ron, William Lyle e sua moglie Nellie, neri dell’Ohio, misero al mondo diciannove figli.
Ron, nato nel 1941, sarebbe divenuto uno dei più duri e valorosi combattenti del ring.
La sua progressione criminale partì dal furto d’auto, passò per la rapina a mano armata e terminò con un omicidio di secondo grado.
Fino al compimento del ventisettesimo anno d’età passò gran parte della propria vita dietro le sbarre: otto anni li scontò in fila, per un omicidio compiuto nella guerra fra gang di Denver.
A trent’anni, dopo pochissimi incontri da dilettante, esordì nel professionismo, vincendo i primi diciannove match. Diciassette di questi per KO.
Poi perse con Quarry ed Alì.
Ad un anno e mezzo dall’incontro leggendario di Kinshasa, quindi nel ’75, Lyle incrociò i guantoni con Big George Foreman, in uno dei match più belli e cruenti della storia.
Mandato due volte al tappeto e riuscendo a restituire solo una volta il favore, Foreman chiuse alla fine del quinto, mentre l’incontro procedeva in una situazione di sostanziale parità.
Il quarto round rimane agli annali come uno dei monumenti su immagine del pugilato moderno.
Nel ’78 tornò in prigione per omicidio, venendo poi scagionato per esser riuscito a provare la propria volontà di difendersi.
Due anni più tardi perse il proprio ultimo incontro, con Gerry Cooney, decidendo di ritirarsi e ritornando sul ring quindici anni più tardi, ad oltre cinquant’anni d’età, per combattere gli incontri melanconici del campione decaduto.
In questi giorni ricorre il quinto anno della sua morte, giunta per complicazioni allo stomaco, due mesi prima del suo settantunesimo compleanno.
Era divorziato e non aveva figli. Gli ultimi anni sul pianeta li aveva spesi aiutando i poveri come membro dell’Esercito della Salvezza.
Il profilo del suo spirito indomito può ricalcarsi nelle parole di questa dichiarazione rilasciata ai giornalisti prima di un suo importante incontro:
“Ho toccato il punto più basso che un uomo possa toccare e quindi, per me, l’avversario è solo un ostacolo come un altro: lo supererò, oppure ci passerò attraverso!”
Ron Lyle, 12 febbraio 1941 – 26 novembre 2011
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