venerdì , Marzo 29 2024

Titanchomo: la sceneggiatura tratta da una storia vera

TITANCHOMO

sceneggiatura di

Luca Giacobbi

tratta da una storia vera.

E il tempo della vita è un bene nei confronti

del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le

cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo

per se stessi io lo chiamo libertà.”

José Alberto “Pepe” Mujica Cordano

_____________________

Un vincitore è semplicemente un

sognatore che non si è mai arreso.”

Nelson Rolihlahla Mandela

– Prologo: Interno, giorno, tenda da alpinismo due metri per due: – MONTE Chomolungma sovraimpressione sullo schermo.

Antonio e Roberto entrano frettolosamente in tenda, fuori un tempo da lupi con raffiche di vento a 150 km orari. Primo piano di Antonio e poi di Roberto. Facce cotte dal sole, pelle del viso venuta via per il freddo glaciale.

ANTONIO

E’ tremendo la fuori oggi. Ho difficoltà a respirare a volte, mi si secca la gola.

ROBERTO

Per forza siamo a quasi 8000 metri d’altitudine qui tutto è faticoso e tira sempre vento e poi c’è pochissimo ossigeno per i nostri polmoni.

ANTONIO

Si ma ormai siamo in ballo!!!

(La tenda in effetti metaforicamente balla parecchio e si ha l’impressione che possa volare via da un momento all’altro) (Continua….) e dobbiamo ballare.

ROBERTO

Non siamo venuti fin qua per tirarci indietro sul più bello no?

ANTONIO

Certo che no. La forza di volontà ci spingerà fino lassù.

ROBERTO

Ora riposiamoci altrimenti tutto l’ossigeno lo consumiamo per parlare e così poi non ci basta per salire.

ANTONIO

Ahahahahahaha esagerato dai. Per parlare non è mai morto nessuno. (aggrottandosi la testa per il sopraggiungere di qualche dubbio) – continua – Credo almeno.

ROBERTO

Cerchiamo di dormire spiritoso. Scena conclusa.

– Est. Giorno

Siamo in una piazza dove vengono inquadrate delle guardie vestite di verde e rosso nell’atto di cambiare la “guardia” al palazzo che custodiscono; molti turisti assistono curiosi. La Telecamera sfuma su di loro e poi scende tornando indietro inquadrando a ritroso la strada e le scalinate che portano alla filiale di una banca poco distante, viene inquadrato anche tutto il centro Storico. San Marino (inquadratura di un cartello Unesco che indica Centro Storico San Marino) giugno 2014: Ufficio di Antonio in Banca. Antonio oltre che lo scalatore che abbiamo visto prima, è anche direttore di filiale di un Istituto di credito sammarinese.

– int. Giorno: Sono presenti in ufficio che parlano amichevolmente Antonio e Luca, Luca è un ex collega di Antonio, i due si conoscono bene.

LUCA – mdp su entrambi

Perché non fare un documentario con stile cinematografico della vostra impresa? Quello che avete fatto ha dell’incredibile ed io ho un amico regista che farebbe un lavoro eccezionale.

Sarebbe davvero bello poter presentare un video, magari in qualche festival del cinema non credi?

ANTONIO inquadratura come sopra:

Certamente! abbiamo tanto materiale da mettere a disposizione, con tanti articoli di giornale e molti video girati sul posto, e credo si possa fare un bel lavoro.

LUCA stessa inquadratura con cambi di ripresa dal viso di uno a quello dell’altro

Affare fatto allora. Avverto il mio amico Philippe che è un mago nel realizzare questo genere di documentari.

Ricordi il dvd su Tutta la storia del Treno Bianco-Azzurro?

ANTONIO

Certo che ricordo. Philippe ha fatto un ottimo lavoro. Una docufiction bellissima che ha portato tanto orgoglio ai sammarinesi e nei sammarinesi. La stessa cosa potrebbe essere fatta con la nostra impresa in effetti.

– Est. Giorno – La telecamera stacca e viene inquadrata una motrice ferroviaria presente all’imboccatura della galleria Montale da poco riaperta e non distante dalla Banca.

VOCE NARRANTE (sempre di Antonio)

Il treno bianco azzurro? Ma cos’era? Perché è così importante per i sammarinesi?

Qualcuno disse che aveva ridato una nuova speranza alla gente di qui (citazione dal film Forrest Gump di Robert Zemeckys).

Si San Marino aveva bisogno oggi più che mai di speranza e fiducia.

Veniva da un periodo dove faceva notizia solo per i brutti affari compiuti da quello che gran parte del mondo definiva un “paradiso fiscale”.

– Int. Giorno – sempre nell’ufficio di Antonio

ANTONIO

Ci stiamo deprimendo come Paese e invece possiamo dimostrare che abbiamo saputo compiere anche gesta straordinarie e la storia del Treno lo testimonia.

LUCA

Abbiamo ospitato centomila profughi italiani durante la seconda guerra mondiale.

La maggior parte riminesi e gente del circondario, San Leo, Verucchio, Santarcangelo, che scappavano dai bombardamenti per ripararsi nelle gallerie del nostro amato Treno.

Voce narrante di Antonio: Quei bombardamenti furono devastanti come è testimoniato dai tanti racconti di chi, (si trovava allora ad essere poco più di un bambino impaurito), è stato protagonista di quegli eventi. Persone che quando il Treno fu tirato fuori da quella galleria dopo oltre sessant’anni piansero dall’emozione.

ANTONIO (continua)

E poi pur essendo uno Stato minuscolo abbiamo sempre fatto sentire la nostra presenza di Pace alla comunità internazionale.

Siamo sempre stati contro la guerra.

LUCA

Basta guardare il video riproposto di recente da RTV (l’emittente di Stato sammarinese) dell’anniversario dei 50 anni dell’Onu nel 1995. I nostri capi di Stato di allora, Pier Natalino Mularoni e Marino Venturini portarono un messaggio di pace bellissimo al Palazzo di Vetro, alla presenza di tutti i più grandi della Terra.

Pace, Pace Pace… così iniziava il discorso del compianto Pier Natalino Mularoni.

Voi stessi Antonio, intendo tu e tuo fratello Roberto e prima ancora tu e Claudio avete dimostrato che San Marino non si tira mai indietro e lo sport è un viatico incredibilmente potente per la diffusione della Pace nel mondo.

LUCA

Per fare un buon lavoro, credo occorra che tu mi racconti le tue impressione personali. Quello che tu hai provato, quello che hai vissuto nel profondo quando eri lontano da tutto e da tutti.

Antonio si rilassa sulla bella e costosa poltrona da Direttore ed inizia a ricordare e poi raccontare.

Flashback: Antonio ricorda come è nata l’idea e tutto si proietta a livello di immagini a quel momento.

Int. Giorno – Siamo a marzo del 2005,

Antonio e Claudio, un suo amico, come lui socio del club alpino di Rimini, hanno appena fatto la conferenza stampa in cui spiegano che tenteranno la scalata del Monte Everest dal versante nord quello Tibetano/cinese. Si tratta della prima volta per dei sammarinesi. I due non vedono l’ora di essere la e fremono per la partenza. Trasmettono alle scolaresche presenti tanto entusiasmo, i ragazzi fanno loro molte domande tanto da sommergerli con le loro curiosità.

Est. Giorno – Centro di Kathmandù

Tutti qui a Kathmandù si prodigano nel commercio: venditori di statuette del Buddha, piccole “chitarre” scolpite nel legno, portaoggetti di ogni tipo, balsamo di tigre a volontà, incantatori di cobra che utilizzano i loro flauti da veri esperti. Oltre a questi “ambulanti” si possono trovare innumerevoli negozi che tappezzano i lati delle vie: non sempre i cartellini degli oggetti esposti rispecchiano la reale marca del prodotto.

Il responsabile dell’agenzia che ci segue nella nostra missione si chiama, udite udite, Mr. Chulo (anche noi a sentire nominare il suo nome la prima volta abbiamo dovuto domare delle convulsioni da risata sopraggiunte all’istante le nostre membra) che però aldilà del nome bizzarro per noi, ma molto comune da queste parti si rivela una “guida” preziosa. Con la veloce e scattante Suzuki Maruti di Mr Chulo ci destreggiamo nel caotico traffico cittadino di Kathmandu.

Si vedono i tre (che ripresi dalla telecamera a velocità accelerata come nelle celebri gag di Benny Hill) affrontano con strombazzamenti vari il traffico della città. Arriviamo così alla sede della Thamaserku Trekking, un palazzo sul quale troneggia la scritta “Base Camp”. Dal mucchio dei bidoni presenti nel magazzino cerchiamo i nostri e… meraviglia delle meraviglie… li troviamo tutti. All’indomani Prendiamo un taxi e ci dirigiamo al famoso stupa Swoyambu, che con i suoi occhi è uno dei simboli più conosciuti del Nepal. Lo stupa è imponente, circondato da altri edifici religiosi, templi e piccoli stupa. Ci sono molti fedeli che compiono i caratteristici rituali buddisti.

Una caratteristica di questo tempio sono le innumerevoli scimmiette che girano all’interno dell’area. Si fanno fotografare e, ogni tanto, commettono piccoli furti di cibo ai danni degli ignari turisti. (le musiche di queste riprese sono tratte da Enya nello specifico il pezzo Only Time).

Il nostro itinerario ora prevede che prendiamo nuovamente l’aereo per Lhasa e dopo un’ora e mezza di un volo partito regolare e che ha sorvolato la catena Himalayana e l’altopiano del Tibet (la vista è meravigliosa da quassù, (scorrono le immagini con sottofondo musicale di Enya Adyemus ) giungiamo a destinazione. Ci sono molti alpinisti, di diversi paesi (Stati Uniti, Svezia, Finlandia…) che ritroveremo nei prossimi giorni al campo base. Scambiamo opinioni, impressioni e… molte battute.

Il mattino seguente dopo aver fatto una buona colazione, ci dirigiamo subito al Potala, che si erge maestoso sulla città. Dedichiamo 3 ore alla sua visita. Era la residenza del Dalai Lama, fino alla sua fuga in India, nel 1959. Al suo interno vi sono circa 1000 stanze, dedicate alla vita quotidiana, alla meditazione, al ricevimento degli ospiti.

Numerosissime o, meglio, senza numero, le statue di Buddha che si incontrano: rappresentano i diversi Buddha, nelle varie manifestazioni, oltre a molti lama. La guida ci parla dei diversi lama, delle loro vicende storiche, della loro importanza nell’evoluzione della “religione” buddista.

In un’ala del palazzo ci sono le stanze utilizzate dall’attuale Dalai Lama, il XIV, subito prima della sua partenza. In particolare una, in cui ha meditato per molto tempo la sua decisione, davanti al “Buddha della lunga vita”. Una statua dedicata al V Dalai Lama è veramente imponente, oltre ad essere molto preziosa: è infatti costituita da 3721 kg di oro. Molto bello anche l’esterno del palazzo, con i suoi colori bianco e ocra, e le scalinate che conducono alle diverse entrate.

Terminata la visita del Potala, con tutto il gruppo ci rechiamo in un ristorante tipico tibetano, per un pranzo a base di carne di yak. Dedichiamo il pomeriggio alla visita di un importante edificio religioso, il Jokhang. Una folla di pellegrini cammina attorno ad esso: qualcuno fa girare le ruote di preghiera, qualcun altro si prostra ad ogni passo, distendendosi a terra. Al suo interno visitiamo qualche tempio e osserviamo numerose statue di Buddha e lama. Terminiamo il pomeriggio con una camminata per le vie della città, nella parte più tipicamente tibetana.

Troviamo molti mercatini, venditori di oggettini vari, verdure, carne. Numerosi i biliardi che spuntano nelle stanze aperte al piano terra dei palazzi: i giocatori vi si dedicano con grande passione e anche noi ci facciamo una partitina.

Finalmente ripartiamo per avvicinarci al campo base dell’Everest. All’inizio corriamo lungo una valle che parte da Lhasa e che ci accompagna rapidamente verso le catene montuose che dovremo superare.

Incontriamo un lungo convoglio di mezzi militari che procede a velocità ridotta: l’autista comincia così una interminabile sequenza di sorpassi, tutti rigorosamente compiuti nella corsia opposta, con strombazzamenti vari agli automezzi che sopraggiungono. Per fortuna, riesce a intendersi con la controparte… Sul lato sinistro della strada notiamo la costruzione della ferrovia che collegherà Lhasa alle zone più centrali della Cina. E’ un progetto che si mostra imponente: i cantieri aperti sono innumerevoli, vi lavorano pochi mezzi meccanici e tantissime braccia. Molti i piloni solitari per i futuri viadotti e le gallerie che si incuneano nei monti circostanti. Tutto ciò mi fa ripensare alla nostra “ferrovia”, perché non ripristinarla visto che anche qui ne stanno costruendo una dalle dimensioni imponenti? La strada asfaltata diviene sterrata, e acquisiamo così una nuova compagna di viaggio, che non si staccherà da noi per il resto della giornata: la polvere! Giungiamo così nuovamente sulla strada asfaltata e, attraversato un ponte, buchiamo una ruota posteriore. Circa 100 m dopo, casualmente, ci sono le officine di tre gommisti. Una jeep sta già usufruendo dei loro servizi e, mentre riparano la nostra gomma, un’altra jeep (che ha bucato la ruota posteriore dalla stessa parte) è costretta a fermarsi. Nutriamo qualche sospetto… rinforzato dal fatto che nel nostro copertone viene rinvenuto un bel chiodo.

Evidentemente di furbi è pieno il mondo e ne prendiamo atto.

Ce la caviamo in 20 minuti e in breve ci si apre davanti un paesaggio inaspettato: un fiume costeggiato da spiagge sabbiose, dune in lontananza, montagne con le pendici ricoperte di sabbia. Quasi un deserto sabbioso africano a 4000 m. Il vento è incessante e quando scendiamo, quasi ci impedisce di tenere gli occhi aperti. Imbocchiamo una cosiddetta scorciatoia, che attraversa diversi paesini, dove il tempo sembra essersi fermato. Gli aratri sono tirati dagli yak, le donne lavano i panni nel fiume, i bambini aiutano nel lavoro dei campi, … giungiamo infine a Gyantse, cittadina disposta attorno a tre strade principali che si incontrano in una grande piazza.

E’ dominata da un imponente monastero, abbarbicato sul monte vicino.

Il giorno dopo ci dirigiamo verso Shigatse, distante 95 km. Questa città è dominata dal monastero di Tashilhunpo, fondato nel 1447 da Genden Drup, il primo Dalai Lama. Ai fianchi delle vie principali del paese si aprono lunghissime file di negozi di ogni genere: alimentari vari, abbigliamento, parrucchiere, ferramenta, pasticcerie, … Le strade di nuova costruzione sono ampie e ben progettate (con pista ciclabile e marciapiede):

il segno della nuova pianificazione cinese, che guarda al futuro sviluppo economico, è molto evidente… In Tibet ci è capitato spesso di vedere persone al lavoro con un bel sorriso sul volto:

dalle cameriere dei ristoranti, ai lavoratori nei campi, ai gestori dei negozietti di tutti i tipi. Una bella sorpresa… Il pomeriggio lo dedichiamo ad un giro per le vie della città e ad un breve riposo in vista della lunga tappa di domani, che ci porterà a Tingri.

Int. Giorno – Tibet campo base Everest.

ANTONIO

Siamo finalmente giunti al campo base dell’Everest.

CLAUDIO

Si bellissimo se non fosse per questo forte mal di testa che non mi abbandona.

ANTONIO

Cerca magari di riposare Claudio, tira anche un vento fortissimo, qui forse è meglio per te un giorno di riposo in più.

Io e Diego andiamo a fare un giro di perlustrazione.

DIEGO

Si dai saliamo sulla cima li dietro, il panorama da lassù deve essere stupendo.

Voce narrante di Antonio: Di Diego, ne abbiamo gia’ parlato in precedenza, e’ un alpinista che tentera’ di raggiungere la vetta dell’Everest in solitaria e senza l’uso di ossigeno, si tratta di un professionista che dedica la sua vita alla montagna, appena finito con l’Everest partirà per un’altra spedizione.

Saliamo verticalmente lungo la morena del ghiacciaio fra rocce e sabbia, Diego molto piu’ veloce scappa via, io con calma salgo quando con sorpresa vedo davanti a me un gruppo di cervi hymalaiani che mi osservano e poi scappano via. Il fisico risponde bene, ma probabilmente ancora non mi sono abituato alla carenza di ossigeno e quando mi fermo a prendere fiato ho dei giramenti di testa, decido dopo circa 600 metri di dislivello di scendere.

Pranziamo, e poi mi metto in tenda a leggere (capirete poi quanto i protagonisti dei libri che ho letto mi terranno compagnia…), dopo circa un’ora faccio compagnia a Claudio con un forte mal di testa che mi durera’ fino a quando non vado a dormire, lato positivo che l’appetito non manca.

Poi un altro flashback di Antonio questa volta siamo nel 2009.

Est. Giorno – Vengono inquadrati due uomini che si stanno allenando nella corsa: Antonio si è allenato a lungo per questa “missione”, ormai sono 18 mesi che lavora sodo sotto le cure di un preparatore atletico, lavorare e allenarsi non è facile, cerca di togliere meno tempo possibile alla famiglia ma è un’ardua impresa. E’ un alpinista esperto che è salito anche sull’Aconcagua che è la montagna più alta d’America con i suoi circa 7000 metri oltre a tantissime altre vette e caverne visto che è anche speleologo. Nel suo i-pod d’allenamento tutte le musiche “spingono forte” e ti caricano, ma non sono le solite musiche che si utilizzano per lo spinning, sono sigle di cartoni animati anni 80. Sincronizzano i walkman con suo fratello Roberto.

Musiche Bellissime (gli autori italiani composero quasi sempre sigle capolavoro per quei cartoni) mentre corrono lungo la pista (vengono inquadrati al modo di Rocky Balboa quando si allena a Philadelphia) del parco di Dogana, si sentono negli auricolari queste parole; sembrano scritte appositamente per la loro impresa “Eroi, eroi, eroi del cosmo i grandi eroi, che lottano per noi” (tratto da astro robot contatto ypsylon) e poi la sigla successiva “ecco gli eroi che insieme a noi lotteranno” (tratto da astro ganga) di seguito “Insieme noi usciamo sempre dai guai” ( tratto da Daytarn 3) ad ogni cambio di canzone una carica di adrenalina nuova entra in circolo, continua con “per chi crede nel bene alla fine vincerà” tratto da Baldios, di seguito “odia gli stupidi, aiuta i deboli” tratto da Daltanious, si va avanti con “con te raggiungeremo la nostra nuova meta” tratto da Danguard, poi “ma in due si può andare più in alto, più in alto che mai”, tratto da Gakeen, continua con “la magica energia creata da noi” tratto da God Sigma e poi “vai che il tuo cuore nessuno lo piega” tratto dal leggendario Goldrake, poi “ogni pugno è una roccia che taglia” tratto da Gordian e poi “noi restiamo tutti con te” tratto da Jeeg Robot, panoramica della telecamera sempre su di loro, prima uno e poi l’altro e poi ancora insieme che si superano vicendevolmente e superano gli altri utenti del parco che corrono piacevolmente rilassati. Ad un certo punto qualcuno che corre urla forza Fratelli Pazzaglia che siamo tutti con voi, e loro si girano stupiti di essere stati riconosciuti, si tratta di un loro amico d’infanzia e sono molto contenti di averlo incontrato anche se non si possono fermare perché la tabella di marcia è precisa e non può essere sforata, si sente ancora “lotta, cade si rialza sempre vincerà” tratto dal grande mazinga, continua con “là in fondo dove i tuoi occhi non vedono più, “ tratto da Space Robot. Si sentono onnipotenti e le inquadrature della macchina da presa riflettono questo stato d’animo. E poi passano tutte le altre sigle tra cui Mazinga Zeta, Capitan Futuro e Capitan Harlock e soprattutto ancora il robot più amato in assoluto in Italia e forse nel mondo, Goldrake “Va, il tuo corpo di acciaio solleva” però questa volta anche con la sigla di chiusura, ufo robot, “lotta per l’umanità”. Per tutto l’allenamento si sentono infine altre sigle (tra cui Star Blazers, Star Singer, blua noah e il bellissimo Trider G7,) e la telecamera li inquadra mentre sorridono con inquadrature fatte da un drone, al ricordo di quando erano bambini (la telecamera sfuma su loro bambini che corrono vicino ad un fiume) e di come gli sembrava di toccare il cielo con un dito dalla vitalità che avevano in corpo.

Scena conclusa.

Est. Giorno – nella pausa dell’allenamento.

ANTONIO

Certo che questa compilation è proprio bella vero?

ROBERTO

Ci riporta alla nostra gioventù a quando sognavamo di scalare la collina dietro casa.

Voce narrante di Antonio,un Flashback nel flashback, con Antonio e Roberto bambini, Antonio ha 8 anni e Roberto 6, vogliono andare in cima alla collina ma hanno timore perché non ci sono mai andati e non sanno cosa troveranno. La gioia che proveranno una volta giunti in cima è incredibile. Da quel punto è chiaramente visibile anche il Monte Titano che da li appare maestoso ai loro giovanissimi occhi e Antonio pensa, appena potrò salirò sicuramente anche su quello e Roberto visto che Antonio pensava e parlava ad alta voce dirà, ed io vengo con te visto che siamo sempre insieme no?

Flashback nel flashback concluso.

Est. Giorno – Riprende l’allenamento

ANTONIO

E poi devi sentire l’altra compilation, che è di musica classica rivisitata in stile moderno. Un progetto dei primi anni 80 dal titolo Hooked on classics per diffondere maggiormente la musica Classica tra il pubblico e direi che è venuto fuori un bel lavoro.

ROBERTO

Fammela sentire allora no? Ormai questa, pur bellissima, perché è davvero entusiasmante, la conosciamo a memoria no? Sentire qualcosa di nuovo sicuramente ci può dare ancora più carica, e poi sai che la musica classica a me piace molto come a te d’altronde. I nostri interessi sono sempre stati comuni ed io ho sempre seguito quello che facevi tu essendo tu più grande.

ANTONIO

Conoscendo i tuoi gusti ti piacerà anche questa.

Si vede Antonio nell’atto di trasferire dal suo dispositivo audio dotato di connessione internet la musica al dispositivo di Roberto. Ripensa che quando erano bambini avevano si molti interessi in comune ma per tanti aspetti sono stati anche rivali, quello che faceva uno lo doveva fare anche l’altro e magari superarlo, ma si trattava di sana competizione all’interno della famiglia. Più di una volta si sono aiutati a vicenda dove da soli potevano rischiare di farsi male. Tante cadute a volte rovinose e se si è in due, si riesce meglio ad uscire dai guai come sentito nella sigla di Daytarn III.

Ricominciano a correre ascoltando oltre un ora di musica classica rivisitata (Si sente la musica proveniente dagli auricolari, passano pezzi favolosi suonati dalla Royal Philarmonic Orchestra con arrangiamenti moderni (si sentono in particolare una batteria e un basso sempre presenti) stratosferici sintetizzati brillantemente dal mixaggio effettuato. Alcuni pezzi sono più cupi come un componimento davvero toccante di Chopin (si tratta di Revolutions, Etude op. 10 n. 12, ma avremo modo di riascoltarlo anche più avanti) che rimarrà nella mente di Antonio e un pezzo di Vivaldi invece più allegro che piacerà di più a Roberto (si tratta dell’opera Strings & continuo in D major, RV 589, Gloria in Excelsis Deo) .

ROBERTO

Fantastica Tonino!! sentire Bach, Mozart, Tchaykosky e poi ancora Vivaldi, Verdi, Beethoven, Haendel, Rossini, Puccini è semplicemente divino.

Mi ci si consumeranno gli orecchi guarda.

ANTONIO

Ero certo ti piacesse così avremo dei compagni di viaggio in più in questa nostra spedizione. I momenti in cui non si ha niente da fare in una missione come questa sono tanti, quando ero la nel 2005 con Claudio, e soprattutto quando lui è dovuto tornare a casa, ho passato tanto tempo da solo leggendo e guardando film o ascoltando musica.

ROBERTO

Sono contento infatti di poter avere a disposizione bella musica da ascoltare.

ANTONIO

È come se questi grandi autori fossero presenti li con noi per indicarci la strada quando avremo dei dubbi.

In effetti Il mixaggio dell’audio-video che ascoltano è fatto davvero bene e ti consente di aumentare sempre il passo quando anche vorresti riposarti.

Si chiude la scena

Torniamo sfumando dal flashback ancora nell’ufficio di Antonio, i due amici stanno uscendo.

Dialoghi:

EST. GIORNO IN STRADA

Antonio e Luca stanno andando a mangiare in mensa, il loro caro amico Stefano li sta aspettando alla porta del Paese. Salgono le molte rampe di scale che li separano dal loro pranzo quotidiano. Antonio predilige le lunghe camminate, per lui salire tanti gradini non è certo un problema, Luca semplicemente gli va dietro perché anche lui ama camminare. San Marino per questo si presta molto perché è una città arroccata sulle pendici di un monte e in forte pendenza quindi, se si va a piedi si può salire fino al punto dove poi dall’altra parte c’è il burrone e li ovviamente ti fermi altrimenti fai un volo di 150 metri nel vuoto e non è il caso. Ci sono dei ragazzi che fanno parapendio di quello a motore e passano proprio sopra le loro teste diretti oltre quel burrone. Antonio qui è conosciuto da tutti (per via del suo lavoro) quindi si devono sempre fermare a salutare amici e clienti.

ANTONIO

Certo Luca che hai un bel fiatone.

Luca lo guarda, ridendo:

LUCA

Per forza! Io mi devo portare dietro almeno 20 kg in più di zavorra. Non vedi quanti kg in più ho di te? Per forza poi faccio fatica no???.

Ma non credere sai? Sembra che faccio fatica perché ho il fiatone ma sarei capace di salire con te in cima a qualsiasi montagna. (e ride sapendo di aver detto una bestialità).

ANTONIO

Magari qualche piccola montagna delle nostre zone si (ride fragorosamente Antonio).

I due avanzano a grandi falcate. O meglio le grandi falcate le fa Antonio che sale i gradini due per due mentre Luca ansimando rincorre cercando di non farsi staccare. In fondo anche lui fa molta attività fisica ma non certo paragonabile a quella di Antonio che ha un curriculum incredibile.

Antonio è un padre di famiglia, con moglie e due figli. E’ stato un grande atleta ed ha rappresentato la Repubblica di San Marino in tanti eventi sportivi, soprattutto nei giochi dei piccoli stati, tra l’altro è stato anche un campione di salto in alto.

Luca invece , ora si dedica alla formazione professionale e all’insegnamento la sua più grande passione. Non sposato, fidanzato da tre anni con Viola, amante della natura e con il sogno della pace tra i popoli.

Arrivano alla porta del paese dove un raggiante Stefano (Un caro amico comune ai due, ex collega di lavoro di entrambi) li sta aspettando. Siamo in un venerdì di una lunga settimana di lavoro per loro e quindi si stanno rilassando un po’ di più pensando al week-end che li aspetta.

La giornata è bellissima tra l’altro e loro si mischiano ai tantissimi turisti che affollano come ogni giorno la Capitale di questa piccola Repubblica.

Stefano ha sentito i discorsi che fanno Luca e Antonio e si intromette.

STEFANO

Qui a San Marino poi è sempre bello fare una passeggiata no?

e i tre imitano i compagni di scuola di amarcord nella scena in cui vanno alla festa di Sant’Antonio quando il sacerdote benedice gli animali e anche la scena della nebbia quando si mettono a ballare, andando ritmicamente avanti e indietro e facendo giravolte su se stessi accennando un walzer.

LUCA

(continua e finisce il discorso con Antonio)

I turisti ci prenderanno per matti!! Mica possono immaginare che stiamo imitando Alvaro Vitali e gli altri protagonisti di Amarcord. e scatta una risata.

Continua LUCA

Ahahahahahahahahah (ancora ride) dai che scherzavo comunque riferito allo scalare montagne.

Mi accontento di fare del trekking leggero.

Per il resto chiedo a te. Sai bene che le storie di montagna mi affascinano. Ho appena finito di leggere il libro di Messner sull’Everest e mi documento Su questi grandi scalatori.

Stefano ne sa qualcosa visto che glie ne parlo spesso.

Stefano ammicca e sorride.

LUCA

Certo che Messner ha dovuto combattere non solo contro la natura volendo salire senza ossigeno in un tentativo che poteva anche concludersi in tragedia visto che nessuno ci aveva mai provato. Non essere creduti dai propri compagni di arrampicata è una cosa crudele ma lui giustamente 2 anni dopo tornerà in vetta, da solo questa volta, e sempre senza ossigeno e comunque pochi mesi dopo quel primo tentativo del 78, altri scalatori riuscirono a salire in cima senza ossigeno confermando quello che lui sosteneva. Ossia l’uomo può salire fino al tetto del mondo senza ossigeno.

INT. GIORNO – LOCALI DELLA MENSA: I tre arrivano in mensa e si siedono ad un tavolo dove sono presenti anche due ragazzi molto giovani con indosso le stesse divise che abbiamo visto all’inizio nel cambio della guardia. Ad ascoltare i tre che parlano di questa scalate fatte da Antonio provano un senso di orgoglio e ammirazione insieme. I tre amici continuano a pasteggiare e ogni tanto mentre Antonio racconta, incalzato da Luca che vuole sempre saperne di più, parte qualche flashback.

EST. GIORNO – KATMANDU Nepal nel 2009 aprile.

Antonio e Roberto passeggiano per le vie della città, le vie strette e le bancarelle ai bordi della strada sono decine, i monumenti sono tanti e soprattutto le tante bandierine poste a raggiera in cima ai monumenti con per ogni bandierina una preghiera scritta. Sarà una costante per tutta la spedizione, le troveremo fino quasi in cima alla vetta.

Tradizionalmente le bandiere di preghiera sono usate per promuovere la pace, la compassione, la forza e la saggezza. Le bandiere non contengono preghiere per gli dèi. I tibetani credono piuttosto che i mantra vengano sparsi dal vento, e le buone intenzioni e la compassione pervada lo spazio intorno. Di conseguenza si crede che le bandiere di preghiera portino beneficio a tutti.

Appendendo una bandiera in un luogo alto, si porta la benedizione dipinta sulla bandiera a tutti gli esseri. Quando il vento passa sulla superficie delle bandiere, le quali sono sensibili ad ogni cambiamento e movimento del vento, l’aria si purifica e viene resa sacra dai mantra. Le preghiere sulle bandiere diventano parte permanente dell’universo, mentre l’immagine sbiadisce a causa dell’esposizione agli elementi. Proprio come la vita va avanti e viene rimpiazzata da nuova vita, i tibetani rinnovano le loro speranze per il mondo continuando ad appendere nuove bandiere di fianco a quelle vecchie. Questo atto simboleggia il fatto di dare il benvenuto ai cambiamenti della vita e il riconoscimento che ogni essere è parte di una circolo più grande. I simboli e i mantra sulle bandiere sono sacri, dovrebbero essere trattati con

rispetto. Esse non dovrebbero essere mai poggiate sul pavimento o usate come vestiario. Le bandiere vecchie dovrebbero essere bruciate.

il traffico è caotico, tutti suonano il clacson e ad un certo punto Antonio sbotta.

ANTONIO

E che due maroni!!! Prima i visti che non arrivano e ci costringono a rimanere qui e poi questo…

ROBERTO

Questi purtroppo sono proprio affezionati al loro clacson, qui il concetto di inquinamento acustico non esiste proprio mi pare.

Poi la guida mi ha detto che solo a Napoli si ricordava di un traffico del genere. Quindi un po’ ci assomigliamo. Ahahahahaha

ANTONIO

Mettici poi che per noi è una giornata normale, mentre per i nepalesi e’ l’ultimo dell’anno , festeggeranno l’arrivo del 2066.

Scorrono immagini originali realizzate da loro in presenza con sottofondo musicale ricreato.

Musiche di James Horner molto belle e la musica di sottofondo dal cartone Goldrake che si sente negli episodi del celebre cartone animato. Scorrono le immagini delle visite a vari musei e templi. I tanti bambini presenti nella stradine e nelle piazze fanno sempre da contorno alle loro uscite. Antonio rivive anche la visita del 2005 quando era con Claudio e si accorge che il progresso avanza comunque anche li, inesorabile. La Vicinanza con la Cina si fa sentire evidentemente e poi nel 2008 c’erano state le olimpiadi a Pechino e i cinesi avevano fatto le cose in grande, piazzando anche i ripetitori telefonici fino a oltre 6.000 metri e saranno molto utili ai due). Una cosa non è cambiata e credo non cambierà mai. Le tante bandierine a raggera con le preghiere buddiste. Ne parla molto anche Messner nel suo libro sull’Everest. Sono davvero belle così tutte colorate. In oriente il rapporto con lo spirito è completamente diverso e per noi è una continua scoperta.

Si torna al 2009; Per fortuna arrivano i visti per la Cina dopo tanti rinvii si parte in pullman. Ma gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo e i nostri si trovano con la strada sbarrata prima della città di Kodari sul confine tra Cina e Nepal. E’ accaduto che il pullman prima di loro passando a grande velocità in un piccolo villaggio investe travolgendoli tre bambini uccidendoli sul colpo. La reazione degli abitanti del luogo è veemente e danno fuoco al pullman incriminato creando grande angoscia nel nostro gruppo.

ANTONIO

Roberto hai visto??? Poveri bambini…

ROBERTO

Scappiamo via, sono inferociti vogliono lapidarci, peggio ci vogliono dare fuoco.

Viaaaa, viaaaaa presto prestooooo che sono incazzati come delle jene.

La macchina da presa inquadra una scena caotica dove c’è un fuggi fuggi generale con lanci di pietre e urla altissime.

Voce narrante di Antonio: I nostri sono costretti a fare retromarcia fino a Katmandù, diversamente non si poteva fare, avevano provato ad incendiare anche il nostro autobus e solo con la rassicurazione che saremmo tornati indietro hanno lasciato stare. A questo punto tentiamo un assalto a sorpresa. Partiamo alle 22 e 30 del giorno dopo e il nostro autista riesce a percorrere a tempo di record (3 ore) il tratto fino a Kodari, attraversiamo i blocchi stradali in piena notte ad una velocità pazzesca ogni tanto prendiamo una buca così assaggiamo anche che dolore fa il tetto dell’autobus a forza di craniate, l’autista temeva che incendiassero il nostro autobus e in effetti una sorta di bomba molotov cade dentro l’autobus ma riusciamo prontamente a ricacciarla indietro con un pronto calcione di Roberto al quale esultiamo tutti come fossimo in una partita di rugby nell’atto di segnare il calcio verso i pali dopo la meta, meglio degli All Blacks.

Nel 2009 la nostra spedizione intendo mia e di mio fratello era allargata anche a due amici alpinisti che si sono aggregati al nostro tentativo, la Cristina e Corrado, nostri compagni di viaggio e spedizione, lei di Milano lui di Venezia con i quali abbiamo condiviso i pasti in altaquota (buonissime le minestrine in brodo con formaggino mio ahahahahaha) a volte anche le tende per dormire e soprattutto tanti km nei piedi e tante risate nei nostri racconti.

Fine del flashback di Antonio.

Continua locale mensa. Int. Giorno:

Antonio a questo punto si mette a ridere ripensando ad una frase che aveva letto in un libro in tenda ma non nel 2009 bensì sempre nel 2005 quando il suo amico Claudio lo aveva lasciato “solo” sempre durante la prima ascensione all’Everest.

STEFANO

E ora perché ridi???

ANTONIO

No niente (e continua a ridere).

LUCA

Cosa ti prende? Fai ridere anche noi no?

Cheffaii Nun cioodici? (alla Romana al modo di Maurizio Mattioli)

ANTONIO

Ok ok ragazzi mi arrendo. Ve’o dico, Ve’o dico (alla romanesca al modo di Angelo Bernabucci) Dovete sapere che nel 2005 rimasi ad un certo punto praticamente solo perché Il mio amico Claudio per problemi di acclimatamento dovette tornare a casa e la spedizione sammarinese eravamo io e lui come sapete.

Nei tanti momenti morti delle giornate soprattutto in quelle dove eri costretto a rimanere in tenda per il brutto tempo mi sono messo a leggere tanti libri, ma uno di questi mi è rimasto proprio impresso.

Si tratta de La compagnia dei celestini di Stefano Benni

LUCA

Lo ricordo bene quel libro, l’ho letto diverse volte da quanto è bello.

STEFANO

L’ho letto pure io su consiglio tuo Luca ricordi?

LUCA

Si si infatti

ANTONIO

Ecco ricordate allora il punto dove vengono descritti i russamenti dei bambini all’orfanotrofio? “Diotiguardi imitava i cambi di marcia del trattore”

Antonio scoppia a ridere e Luca e Stefano idem rischiando di sputarsi addosso vicendevolmente il riso che stavano mangiando. E vanno avanti un bel po’.

ANTONIO

Pensate ragazzi che quando lo lessi la prima volta risi così tanto anche a leggere gli altri riferimenti (tipo Diotallevi sfiatava come una balena), che i compagni di spedizione rimasti, in particolare il nostro amico Diego, quel trentino di cui vi ho parlato, pensò che per via dell’ipossia, ossia mancanza di ossigeno ad alta quota, fossi uscito di testa e già pensava a come riportarmi a casa in quelle condizioni e ho dovuto far con le mani e i piedi a spiegargli che ridevo per lo stesso motivo per cui ridiamo ora noi. Benni è un grande ragazzi.

Di Benni, ragazzi, posso raccontare due aneddoti sentiti ad un festival dedicato ai ragazzi a Rimini qualche giorno fa. Lui era presente e stava rispondendo alle domande dei tanti ragazzi curiosi.

Una sua frase mi ha colpito e riguarda un tema caro a te Luca:

l’istruzione.

Dice Benni:

Leggere è importante perché alimenta la fantasia e i pensieri, ma soprattutto è anche riconoscersi nelle parole degli altri, riempire e colorare il mondo di chi legge di creatività. “Non smettete mai di leggere, perché è l’istruzione il vero strumento per realizzare un qualsiasi cambiamento”.

L’altro aneddoto riguarda il suo soprannome “Il Lupo” affibbiatogli dai compagni d’infanzia, perché durante una notte a passeggio in aperta campagna e nella totale oscurità si mise a ululare insieme ai suoi cani e i vicini di casa lo riferirono alla madre che preoccupata lo portò dallo psicologo. Da allora tutti lo chiamano ‘Lupo Benni’, alcuni credendo che questo sia il suo vero nome.

Voce narrante di Antonio: Grazie a Benni, riuscivo a prendere sonno facilmente perché i suoi racconti tratti in particolar modo da bar sport e il bar sotto il mare, spassosissimi e non tanto lunghi, conciliavano oltre alle risate (nonostante l’averli letti decine e decine di volte) anche il sonno. Così a turno mi tenevano compagnia la Luisona, Bovinelli-tuttofare, il Cinno, Cenerutolo, il grande Pozzi, Viva Piva, il playboy da bar, Pasquale il barbiere e tanti altri, come anche Pronto Soccorso e poi il più grande cuoco di Francia, l’anno del tempo matto e infine Achille ed Ettore.

LUCA

Tutti personaggi formidabili nati dall’enorme fantasia di Benni. Ma (cercando di ricomporsi) il paesaggio com’era?

ANTONIO

Ragazzi faccio prima a farvi vedere il video che abbiamo girato Perché a parole non riesco a descriverlo.

Talmente grande quello che ho visto che non ci sta nella parole.

Burroni talmente profondi che….

STEFANO

Non vediamo l’ora di guardare il vostro video Antonio.

ANTONIO

Attenti alle vertigini allora. Per fortuna che è solo un video, perché… vabbè… ve ne accorgerete guardandolo.

Ricordo anche che mio fratello, durante un’arrampicata a oltre 7000 metri, stava cadendo in un crepaccio e l’ho tirato su con la forza della disperazione.

Flashback Everest 2009 est. Giorno.

ANTONIO

Roberto mi raccomando cerca di passare in fretta su quella scala perché non mi convince troppo.

Non fa in tempo a dirlo che Roberto si ritrova con la scala, messa per il lungo per superare un crepaccio, che si gira di 90 gradi sulla destra lui scivola e improvvisamente non trova più niente sotto i ramponi, riesce però a tenersi con una mano alla scala che così è si girata ma ancora abbastanza fissa nel ghiaccio.

ROBERTO

Antonio, Antonio, tirami suuuu, mi tengo ma non so ancora per quanto…

ANTONIO

Arrivo non temere, prendi la mia manooooo

ROBERTO

Non ci arrivo, ti prego allungati di più perché più di così non riesco a venirti incontro e poi mi stanno venendo i crampi al braccio, non so quanto potrò resistere.

Antonio a questo punto si gira indietro per vedere se ci sono altri scalatori in cordata vicini ma non c’è nessuno che possa arrivare in tempo.

Decide allora di allungarsi con grande rischio anche per lui di scivolare e proprio nel momento in cui Roberto sfinito dalla fatica lascia la presa, riesce a prenderlo nell’altro braccio, e a costo di un enorme sforzo dovuto all’altitudine, tirerà su il fratello.

ROBERTO

C’è mancato un niente Tonino, se cadevo nessuno poteva venirmi a prendere a 40 metri di profondità in una fenditura stretta e ghiacciata del genere. Avrei fatto la fine di quello sherpa, morto qualche giorno fa, caduto in una fenditura e sparito la sotto, Stiamo prendendo tanti rischi ma è inevitabile.

Ti renderò il favore vedrai…

ANTONIO

Speriamo non c’è ne sia bisogno, e che d’ora in poi fili tutto un po’ più liscio. Ma vedi? Con questo vento che tira sempre senza smettere mai, Il caldo quando sei al sole e poi il freddo glaciale appena il sole cala. Sapevamo che le condizioni sarebbero state proibitive, altrimenti mica saremmo qui no?

Scena conclusa.

Est. Giorno San Marino, fuori dalla mensa i tre continuano a camminare per andare a prendere un caffè’ al solito bar, dagli amici Maurizio e Luca.

LUCA

Insomma ve la siete vista proprio brutta.

ANTONIO

Si meglio non ripensarci, a volte anche prendere tutte le cautele necessarie non è sufficiente. Abbiamo avuto fortuna e non solo in quella occasione.

Ma tornando a mansioni più spicciole che ci toccavano a quell’altitudine, Ti chiarisco cosa vuol dire vestirsi al mattino:

1) si esce dal sacco a pelo.

2) ci si mette il tutone in piuma ( a confronto l’omino michelin è anoressico).

3) ci si calza imbrago e moschettoni e maniglia Jumar ossia il bloccante della corda.

4) si mettono gli scarponi (normalmente Millet) del peso stimato 2 Kg l’uno.

5) ci si mette su i ramponi.

6) passamontagna, mascherina, etc..

alla fine di tutto questo ti accorgi che devi andare al bagno e qui come dice Buffon: quando gioco con Ogbonna tiro un Cristo e una Madonna” .

LUCA

Ahahahahahahaha forte questa Antonio.

ANTONIO

Per non dirvi ragazzi di quanto nel 2009 ho avuto la dissenteria…. Quante volte ho rischiato di cagarmi letteralmente addosso…. Eppure ero preoccupato perché con la dissenteria ti debiliti sempre di più e non puoi certo continuare, avrei fatto la fine di Claudio nel 2005 e non volevo tornare a casa per nessun motivo figuriamoci per la dissenteria.

Voce narrante di Antonio: Quei topi maledetti hanno camminato sulle verdure che mangiavamo capito? I topi durante la notte sembrano parlare con Antonio e gli dicono ti faremo una sorpresa e la mattina mentre sorride perché pensa ad una bella sorpresa non fa in tempo a girarsi verso suo fratello che subito deve correre in bagno. Bagno…. deve correre fuori nel wc ricavato tra i sassi e fa appena in tempo. imprecazioni in turco si sprecano e una rabbia feroce verso la specie dei ratti lo invade. Non gli facevano tenerezza nemmeno prima ma ora li sterminerebbe. Un pacifista? Lo era… adesso invece, almeno i topi, li avrebbe sterminati tutti.

ANTONIO

Per fortuna grazie ad una fortissima forza di volontà, che non so nemmeno dove ho trovato, ho battuto anche la dissenteria e lo spettro del ritiro si è smaterializzato dalla mia mente.

Mi tornava in mente una frase di un’amica che diceva così: “dai, dai, lo decidi con la testa se ti senti meglio”.

E così indovinante un po’? Ho deciso che sarei guarito e sarei stato meglio e da quel momento non ho più avuto la diarrea. Certo fermenti lattici e imodium mi sono stati di grande aiuto però!!!

LUCA

Pensa tu che mia sorella ogni tanto mi ripete la stessa cosa quando mi sente lamentarmi per il mio mal di pancia. Ahahahahahahaha.

E mi consiglia sempre di passare un po’ più tempo ad occuparmi dell’azienda agricola di mio babbo, così mi “passano” tutti i mali, dice lei. E poi la mia mucca Carolina Ruminante è davvero simpatica.

STEFANO

Veramente Luca tu hai una mucca con nome e cognome?

LUCA

Eccerto Stefano, te pensa che il cane si chiama Eddie Bartolone Dell’Orso.

Stefano e Antonio ridono forte. Antonio riprende da dove aveva lasciato.

About Redazione

Prova anche

Un anno vissuto pericolosamente

Un anno vissuto pericolosamente di Luca Giacobbi L’anno a cui faccio riferimento è quello che …