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Sagra Musicale Malatestiana: Rimini festeggia il Capodanno della cultura

Sagra Musicale Malatestiana. Rimini festeggia il Capodanno della Cultura

Un regalo inatteso. Abbiamo chiesto a Giampiero Piscaglia, che ne è Direttore Artistico ed Organizzativo – e tanto altro ancora, – di presentarci l’edizione 2016 della Sagra Musicale Malatestiana, manifestazione che debutta a Rimini il 30 agosto 2016 alle 21.00 presso il Palacongressi con il primo concerto sinfonico della Rotterdam Philarmonic Orchestra, e di raccontarci la storia di questa kermesse. E Giampiero, invece di una ‘semplice’ intervista, ci ha regalato un saggio storico-musicale, un viaggio pieno di passione dalle radici della Sagra Malatestiana ad oggi. Un itinerario lungo 67 edizioni: dai ‘salotti’ del 1950 in cui l’idea della Sagra vide la luce fino sino al prossimo futuro, con l’apertura del rinato Teatro Galli e il sogno di una platea ricca di tanti giovani. Ma lasciamo spazio alle sue parole.

Giampiero Piscaglia, ci racconta come nasce la Sagra Musicale Malatestiana?

La Sagra nasce nel 1950: c’è un’anomalia, qualcosa che non ti aspetti, in quell’anno di nascita. Perché mai proprio in quegli anni, e perché a Rimini? Come è potuto accadere che proprio mentre faceva decollare quel portentoso modello di turismo popolare di massa, la allora Azienda di Soggiorno dava il via a Rimini un festival di musica “classica”? La risposta esiste ed è documentata. La Sagra Malatestiana nasce nel 1950 in occasione di una duplice ricorrenza: il quinto centenario della costruzione del Tempio Malatestiano e contemporaneamente la sua riapertura al pubblico, dopo che due pesanti bombardamenti, fine dicembre ’44 e fine gennaio ’45, ne avevano danneggiato l’abside e il sagrato. Con un paziente lavoro di restauro, che minuziosamente smonta pezzo per pezzo e poi ricolloca esattamente al loro posto le parti danneggiate, il 30 luglio 1950 il Tempio restaurato viene riconsegnato ai riminesi, e cinque giorni dopo, la grande musica viene chiamata a celebrare nel modo più solenne il prestigioso capolavoro di Leon Battista Alberti. Così nasce la Sagra Malatestiana, in uno scenario di rara bellezza inizia la più lunga e più avvincente avventura musicale  di un territorio che va ben oltre Rimini, attraversa decenni e generazioni, testimone di mutamenti epocali che hanno travolto quasi tutto.

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 “Dall’inizio insieme a Glauco Cosmi”: che senso ha questo ormai ‘classico’ sottotitolo della Sagra?

Quando parliamo oggi di nuovi motori culturali al posto di quelli immobiliari, pensiamo a una spinta che ha alle spalle la forza e la convinzione della nuova amministrazione. Ma non era così nei lunghi anni che ci separano dalla fine della guerra, quando questa spinta qualitativa è stata minoritaria e, in ultima istanza, perdente. Allora i “motori culturali” erano qualcosa di più fragile, ma immensamente vitali per la vita culturale di una città: erano i salotti, nei quali si finiva per incontrarsi e scontrarsi, ma in cui le idee si formavano e si propagavano. Luoghi più eroici, come quel laboratorio di operosità musicale che era la tipografia di Glauco Cosmi, o quello più mondano di Minnie, la sua compagna di sempre, e il circolo Romolo Valli, cenacolo di idee animato da Simona Moroni. Cosmi è la colonna portante della musica di qualità in quegli anni, quello che prende per mano la Sagra Malatestiana e la conduce nel tempo fino alla sua consacrazione. A lui, al suo intuito di operatore musicale, dobbiamo tutto. Da lui ho imparato a comporre un mix difficilissimo che deve saper incrociare la programmazione artistica avendo il polso in ogni momento della propria comunità musicale.

La Sagra Musicale oggi: come sopravvive un modello di successo in un contesto complesso come quello riminese?

Non sarebbe sopravvissuta a stagioni difficilissime e non avrebbe saputo sfidare la sindrome tutta riminese del Conte Ugolino – abituato a divorare le proprie creature piuttosto che allevarle amorevolmente – senza una riconosciuta qualità delle proposte e una consolidata solidità organizzativa. Con una media di oltre 1.500 spettatori paganti per i concerti di musica sinfonica in un tratto di costa e in una città caratterizzati nel periodo estivo da ben altro tipo di consumi. Sono molteplici le anime di Rimini: un luogo che alla dimensione materiale unisce quella di un poderoso immaginario metaforico della vacanza nella mente di milioni di persone che in questa città sono passate.

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Che ‘anima’ ha, allora, la Sagra Musicale?

Bene, di queste anime la Sagra Musicale Malatestiana incarna qualcosa che va alle radici della storia recente di Rimini, con i suoi 67 anni di vita. Quel binomio magico di architettura e musica, Sagra-Tempio Malatestiano, avrebbe svelato Rimini in eurovisione a un pubblico di mezza Europa. In questa città la Sagra Musicale Malatestiana, dove trovano spazio il barocco e il romanticismo insieme alle produzioni di teatro musicale affidato alle avanguardie della ricerca teatrale e musicale contemporanea, è in qualche modo il sintomo e il simbolo di una virtuosa convivenza delle diversità dei consumi culturali, che nelle nuove traiettorie di Rimini, delineano nuove forme comunitarie di stampo europeo, dove “colto” e “popolare” si incrociano e si arricchiscono a vicenda. Una città che sa far convivere i fasti della musica delle balere, quella pop degli anni ottanta e quella “aurea” della Sagra Malatestiana, è il simbolo di una sensibilità contemporanea che guarda al centro e nord dell’Europa, a quegli scenari metropolitani di invidiabile civiltà in cui i più cerebrali dj set elettronici berlinesi convivono e a volte intrecciano i loro pubblici, con le file di giovani davanti ai Festpielhaus.

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Menzione speciale edizione 67: su quale concerto o spettacolo occorre puntare?

In questa 67ma edizione riserverei una menzione speciale a una talentuosa orchestra giovanile che compare nel programma di quest’anno insieme alla Theresia Youth Baroque Orchestra (che si è esibita lo scorso 25 agosto) e all’Orchestra Internazionale dei Conservatori (11 settembre, presso il Bonci di Cesena). Si tratta dell’Orchestra Giovanile dello Stato di Bahia (che si esibirà il prossimo 9 settembre, sempre presso il Palacongressi di Rimini, sempre alle 21.00), che nasce da un’idea pioneristica brasiliana sul modello venezuelano “El Sistema”. Fondata nel 2007 dal pianista e direttore d’orchestra brasiliano Ricardo Castro, che ne è direttore artistico e direttore generale, è supportata dal governo di Bahia: l’Orchestra fa parte del programma educativo a lungo termine Neojiba (Núcleos Estaduais de Orquestras Juvanis e Infantis da Bahia). Con questo progetto, che ha trasformato le vite di centinaia di bambini attraverso il dono dell’insegnamento della musica, in pochi anni l’Orchestra ha conquistato il successo in Europa facendo il tutto esaurito a Londra, Berlino e Ginevra, collaborando con solisti del calibro di Lang Lang, Maria João Pires, le sorelle Labèque, Jean-Yves Thibaudet e potendo vantare nel 2014 su una importante partnership con i Berliner Philharmoniker. Al carisma prestigioso di Martha Argerich, impegnata nell’esecuzione del Concerto n.1 di Beethoven, è affidata l’adozione artistica dell’Orchestra giovanile di Bahia in questa tournée europea che la porterà per la prima volta sul palcoscenico della Sagra Musicale Malatestiana.

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In programma anche importanti rappresentanti della scuola di San Pietroburgo

Ricorderei anche la presenza di due fra i più rappresentativi direttori della scuola di San Pietroburgo come come Valery Gergiev e Dmitri Kitajenko, alla guida rispettivamente dell’Orchestra del Teatro Mariinsky (4 settembre, ore 21.00) e dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai (13 settembre, ore 21.00): un dittico musicale che parte con la partitura capolavoro di Prokofiev, scritta su commissione proprio del Mariinsky Ballet, per concludersi con la lirica grandiosità del Concerto n.2 di Rachmaninov e l’esotismo pittoresco evocato da un esponente della scuola nazionale russa come Rimskij-Korsakov nella suite sinfonica Shéhérazade, con le sue preziose armonie e l’orchestrazione dai colori orientaleggianti.

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Orfeo-Aminta, mito e favola: la nuova sfida produttiva della Sagra

Da sottolineare ancora la nuova sfida produttiva che affronta quest’anno la Sagra Malatestiana, un nuovo capitolo nel viaggio intrapreso in questi anni nel proporre, grazie all’apporto di gruppi di ricerca appositamente invitati, declinazioni sempre diverse delle forme del teatro musicale. Nel corso degli anni abbiamo voluto affidare a compagnie e registi impegnati nel lavoro di ricerca delle nuove frontiere teatrali contemporanee, pagine musicali spesso non concepite per la scena, con un accostamento fra emisferi linguistici lontani che abbiamo fatto incontrare per la prima volta. La nostra convinzione è che nel tempo la formula inedita di queste produzioni potrà dare molte e inattese indicazioni estetiche e drammaturgiche, immettendo nelle produzioni dell’opera musicale una freschezza di linguaggi che, senza una ventata di nuove idee provenienti dal suo esterno, appaiono oggi, in molti casi, coperti da strati di polvere. Al centro della produzione 2016, uno spettacolo creato quattro secoli fa a Firenze, eccezionale incontro tra musica e poesia formato dai cinque intermezzi musicali composti da Domenico Belli ispirandosi al mito di Orfeo e proposti come altrettanti “intervalli” alla rappresentazione dei cinque atti della favola pastorale di Torquato Tasso, Aminta. La nuova produzione, affidata interamente alla macchineria visionaria e cinetica della coppia di video-makers Daniele Spanò e Luca Brinchi provenienti dalla compagnia teatrale Santasangre, intende riproporre attraverso i linguaggi più aggiornati, il contrappunto visivo e sonoro offerto dalle due storie, ritrovando quell’originaria alternanza fra la poesia di Tasso e la musica di Belli, all’alba della storia dell’opera in musica. Lo spettacolo è messo in scena al Complesso degli Agostiniani (23 e 24 settembre 2016, ore 21.30) con il coinvolgimento – virtuale – di un gruppo di attori e la presenza – reale – dei cantanti e dei musicisti dell’Ensemble Arte Musica diretti da Francesco Cera e impegnati nella prima esecuzione italiana con strumenti originali della partitura secentesca.

Uno sguardo sul futuro: in vista della riapertura del Galli, sarà naturale evoluzione lo spostamento dei concerti sinfonici nel nuovo teatro?

L’apertura del Galli riconsegna alla città il suo storico teatro all’italiana, che chiude una ferita sanguinante da oltre settantenni. C’è da dire che il lavoro svolto all’interno del progetto di ricostruzione funzionale del nuovo Teatro Galli sulle sue caratteristiche tecniche, le sue potenzialità e i suoi limiti, ci hanno consentito di dare maggiore concretezza a quella che sarà lo standard di programmazione teatrale e musicale, sia in relazione a ciò che tecnicamente sarà possibile programmare, sia al contesto territoriale riminese e regionale in cui il Teatro Galli si troverà inserito. Quanto alle potenzialità tecniche non c’è dubbio che si farà un salto significativo su tipologie, dimensioni, complessità, prestigio delle produzioni e delle ospitalità: le caratteristiche della torre scenica e dei servizi connessi sono state rese tali da poter programmare spettacoli e performance di notevole complessità tecnica.

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Rimini: verso un Teatro di Tradizione

Complessivamente si può dire che il lavoro svolto ha consentito di pervenire a una soddisfacente funzionalità della macchina scenica. Le soluzioni tecnologiche individuate e la dotazione dei servizi consente non solo di ospitare tutto quanto fino ad oggi programmato al Teatro Novelli, ma di ampliare considerevolmente la gamma e la dimensione di produzioni non ipotizzabili nelle sue attuali strutture, spazi e posti disponibili. Dalla danza al teatro musicale, ai concerti sinfonici, al melodramma e all’opera contemporanea. Si potrebbe ipotizzare che la Sagra Malatestiana mantenga alcuni grossi eventi sinfonici all’Auditorium del Palacongressi e ospiti il resto della sua variegata programmazione sul palcoscenico del nuovo Teatro Galli, contribuendo in tal modo a comporre la Stagione Musicale del rango di quello che dovrà diventare un Teatro di Tradizione.

Una domanda personale: cosa ha imparato in questi anni di lavoro come direttore della Sagra Musicale Malatestiana?

Ho imparato nel tempo che la figura più aderente alle esigenze di un festival musicale è quella che riunisce in sé la direzione artistica e quella organizzativa, un po’ come accade nei Teatri di interesse Nazionale. Non quindi preferibilmente uno studioso o un musicista militante e neanche un operatore puramente organizzativo, ma una figura che riunisca in sé competenze artistiche, organizzative, le conoscenze delle dinamiche economiche della cultura e dei suoi mercati e soprattutto la conoscenza della sua comunità di riferimento. Così ho cercato di interpretare il mio ruolo di direttore della Sagra Malatestiana, sapendo che un profilo così delineato non esce da un preciso e inesistente profilo scolastico universitario ma si costruisce sul campo, è il frutto di arricchimenti professionali acquisiti col tempo, scalando diverse funzioni all’interno della struttura. Ho cercato di acquisire una profonda conoscenza dei contesti e della mia comunità di riferimento, di avere il polso del nostro pubblico, cerco continuamente di conoscerlo, di capirne le domande, non per assecondarlo quel pubblico ma certamente incrociarlo, immettere e ricevere stimoli e provocazioni.

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L’importanza di dare del ‘tu’, anche agli artisti. E non solo.

Ho cercato di dare del tu agli artisti, che sono quasi sempre fragilissimi, pieni di insicurezze, tic e spesso paranoie.. di star loro vicino, di essere uno di loro, di dedicare loro del tempo, molto tempo, senza guardare alle festività agli orari d’ufficio, alle ore notturne. E il tu lo devi dare anche agli operatori, maestranze, colleghi direttori, poiché è da loro che puoi trarre le fonti informative autentiche, più che dalle agenzie, dagli addetti alle vendite o dalla lettura delle rassegne stampa governate da logiche non sempre limpide. Ho imparato che è necessario conservare una autonomia al di sopra della pressione dei committenti, di chi sempre più insistentemente si propone e di un pubblico che nella sua maggioranza tende ad adagiarsi su posizioni conservatrici. Si deve saper correre lungo un sentiero stretto cercando di inserire innovazioni meno frequentate senza cadere in posizioni troppo elitarie che allontanano il pubblico e svuotano le sale.

Il valore del proprio gruppo di lavoro

E poi le soddisfazioni maggiori te le dà il gruppo di lavoro, ma bisogna motivarlo questo gruppo, inducendo un clima di tolleranza, fiducia, entusiasmo contagioso, complicità, stima, aspettative condivise, creando anche la possibilità di vivere insieme la dimensione ludica del lavoro in un ambiente informale. Condizioni che rimarrebbero di scuola se non fosse che inondano la mia memoria di volti, voci, sorrisi e pianti di persone che hanno retto insieme a me le luci e le ombre di un lavoro impegnativo quanto entusiasmante.

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Direttore: ha sogni nel cassetto per le prossime edizioni?

Non è il sogno di un unico evento da realizzare. Certo ci sono ancora grandissimi interpreti da invitare e far conoscere dal vivo, ma ora sarebbe un fantastico futuro quello che fa incontrare la musica che proponiamo a un pubblico di giovani non abituali frequentatori. Tutti oggi sanno quanto la musica sia una imprescindibile colonna formativa per i ragazzi, così come del resto anche da noi è sempre stato, almeno fino all’alto medioevo, fin dalle prime forme della formazione di tipo universitario, il Trivio e il Quadrivio, quando nel Quadrivio, la musica figurava insegnamento obbligatorio, insieme alla matematica, alla geometria e all’astronomia, un approccio educativo che si può far risalire fin da quell’armonia delle sfere di derivazione pitagorica. Sappiamo quanti guasti ha provocato, sostanzialmente dopo il Concilio di Trento, nei nostri paesi di area neolatina, l’avere espulso la musica dal quel contesto formativo e averla relegata a semplice spettacolo o intrattenimento di guitti e musicanti. Nel resto d’Europa dove questo per ragioni riformatrici non è accaduto, vediamo ancora oggi le file di ragazzi davanti ai teatri, magari alle prove per non pagare il biglietto della prima, non perché sono più virtuosi dei nostri, semplicemente perché lì dentro, in quegli spazi spesso dall’atmosfera aurea, prende forma quella materia che è da sempre parte dei loro curricula formativi.

 Sagra Musicale Malatestiana: ripartire da file di giovani fruitori

È da questo che bisogna ripartire, cercando di riformarle anche da noi quelle file di giovani fruitori davanti ai luoghi di una musica che qui non conoscono, con un progetto Mentore che apre uno squarcio intrigante su un mondo che nessuno prima aveva mostrato loro, non per conquistarli a un nuovo integralismo sinfonico, ma per spiare mondi per loro nuovi, nuovi giacimenti culturali a loro sconosciuti, che ci hanno abitato per anni accanto per raccontarci agli altri meglio di quanto noi stessi avremmo potuto fare, come la Sagra ha sperimentato ad esempio negli anni in cui portava Rimini, il Tempio Malatestiano e la grande musica in tutta Europa in Eurovisione, nella diretta televisiva di prima serata. E’ un sogno che si sta cominciando a vivere ad occhi aperti nella punteggiature di quelle macchie leggermente stranite di giovani che si muovono nella grande platea del nostro pubblico sinfonico.

Crick

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