In viaggio come un eroe
Concreta o astratta, reale o immaginaria, c’è sempre in ognuno di noi una bestia da combattere. Per questo, una volta imparato a parlare, gli uomini avrebbero inventato le favole che conosciamo, in cui formidabili eroi compiono lunghi viaggi per sconfiggere draghi e salvare principesse. Intorno a quello stesso fuoco che li aveva visti vincitori, poi, le avrebbero raccontate ai loro figli, perché nel caso i draghi tornassero, non dimenticassero come sconfiggerli. Perché non dimenticassero la lotta per la sopravvivenza, insomma.
E il fatto che il viaggio dell’eroe sia diventato l’archetipo più potente che da Guerre Stellari a Indiana Jones pulsa sotto gran parte delle storie che ancora oggi amiamo sentirci raccontare, mi sembra la miglior prova che i figli, i figli dei figli, i figli dei figli dei figli e così via, fino ad arrivare a noi, non hanno dimenticato.
Il viaggio dell’eroe
Raccontare una storia è raccontare ogni passo dell’eroe verso la principessa e ogni passo del drago contro l’eroe. L’energia sprigionata dall’attrito tra movimenti verso e movimenti contro è la benzina di ogni narrazione: il vento che sostiene l’aquilone della storia nei suoi volteggi. Proprio come un aquilone, infatti, una storia sale quando incontra correnti d’aria calda che lo sostengono e precipita in picchiata se incappa in un vuoto d’aria.
Ed è in questo guadagnare e perdere quota che si delinea il suo percorso.
Ogni storia ne ha infatti uno preciso e nascosto, il più delle volte ben diverso da quello pianificato in partenza. Un percorso misterioso che sarà la risultante dell’itinerario iniziale stimato e delle variazioni dovute agli imprevisti di viaggio. E che solo alla fine di una storia, come alla fine di un viaggio, si rivelerà ai nostri occhi con tale chiarezza da poter essere tracciato su un foglio: una sequenza di alti e bassi che ricorda il profilo frastagliato di una catena montuosa o il tracciato zigzagante di un elettrocardiogramma.
Nonostante questo però, nonostante solo alla fine del viaggio si possa davvero conoscere il numero e la direzione esatta dei passi fatti, senza un itinerario di massima del loro viaggio – cioè della loro storia – alcuni scrittori non si mettono nemmeno in viaggio. Sono gli scrittori che, decisa una meta, si sforzano di prevedere ogni più piccolo imprevisto, e una volta in viaggio si attengono il più possibile alla rotta tracciata, consultando la loro mappa ogni volta che si perdono per capire dove hanno sbagliato strada e in quale valle sconosciuta si trovano.
tratto dal saggio di Eric Minetto “In direzione ostinata e contraria”
fotografie di Carlo Biagioli