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Vaccini: la disinformazione uccide?

Era il 1998 quando il dottor Andrew Wakefield, pubblicò sulla rivista scientifica Lacent un articolo in cui ipotizzava una relazione tra il vaccino trivalente (morbillo, parotite e rosolia) e l’autismo.

Ebbe inizio così la grande truffa contro i vaccini che ha portato in certi paesi un crollo tale delle vaccinazioni tale da causare un ritorno di malattie praticamente debellate, che possono avere anche esiti esiziali.

Una truffa che tuttavia prima di essere scoperta fu enormemente amplificata dai media e che in una sorta di auto catarsi, fu poi smascherata definitivamente proprio da un giornalista.

Tonando alla vicenda del gastroenterologo britannico, il suo studio era stato condotto su 12 bambini del Royal Free Hospital di Londra, ma anche se apertamente non sosteneva una correlazione diretta autismo-vaccini, indicava come necessari degli approfondimenti al riguardo e lui stesso organizzò una conferenza stampa e consigliò ai genitori di sospendere la tradizionale vaccinazione multipla (non esistono però vaccini singoli).

Nonostante la mancanza di prove a sostegno della correlazione vaccini-autismo, i media comunque diffusero ampliamente la notizia che ben presto si diffuse in tutto il mondo anche perché poteva contare sull’autorevolezza scientifica della rivista che la pubblicò, sfruttava le ancora poche conoscenze sull’autismo e prendeva di mira malattie assai diffuse.

L’esito fu però lo scoppio di epidemie di morbillo dato che in alcuni paesi anglosassoni le vaccinazioni scesero sotto la soglia del 50%. E come conseguenza si ebbero anche i primi decessi diretti da morbillo e altri decessi conseguenti a complicazioni derivanti dal morbillo.

In ambito medico scientifico le teorie di Wakefield, cominciarono a venire studiate, ma non furono trovate correlazioni, tanto che nel 2003 l’Organizzazione mondiale della sanità dichiarò che non c’erano prove per suggerire che il vaccino trivalente fosse responsabile dell’autismo”. Le ricerche continuarono e il 2 febbraio 2010 una commissione disciplinare dell’Ordine dei medici britannico, il “General Medical Council, GMC”, stabiliì, come riporta anche la stampa specializzata che Wakefield commise “reati gravi”, tenendo un “comportamento disonesto ed irresponsabile ed ha mostrato insensibilità ed indifferenza per il dolore e la sofferenza dei bambini oggetto dello studio”. Wakefield fu anche accusato di avere “abusato della fiducia accordata al suo ruolo di medico” e che effettuò “test invasivi e non giustificati dal punto di vista clinico sui bambini senza la necessaria approvazione del Comitato Etico del suo ospedale”. Inoltre fu accusato anche di aver “rovinato la reputazione della professione medica”.

Inoltre venne accusato di aver falsificato i dati per il proprio tornaconto e infatti nel 2004 un suo stretto collaboratore lo accusò di corruzione in quanto avrebbe manipolato le prove dello studio percependo in cambio in cambio denaro da parte di avvocati impegnati nelle class action di genitori con bambini autistici. Tutto questo per agevolare la vittoria delle cause di risarcimento intentate contro le case farmaceutiche.

Anche la stessa rivista Lancet ripudiò lo studio di Wakefield, definendolo ‘’fatalmente fraudolento” e chiese a tutti gli autori di firmare una dichiarazione in cui ritrattavano qualsiasi legame di causalità tra vaccini e autismo. Dodici ricercatori coinvolti nello studio del 1998 accettarono, mentre Wakefield ed altri due, John Walker Smith e Simon Murch, entrambi processati, si rifiutarono di rinnegare quanto sostenuto dieci anni prima. Sempre la stessa rivista nel 2010 pubblicò una ritrattazione ufficiale dello studio che nel 1998 aveva presentato come serio, rigoroso e scientificamente dimostrato, annullando di fatto ogni pretesa scientifica della ricerca di Wakefield stesso.

A dimostrare che il tutto era poi frutto di una vera e propria frode, fu il giornalista Brian Deer che dimostrò come i dati utilizzati da Wakefield fossero stati falsificati e manomessi per procurarsi un guadagno personale. Deer dimostrò la falsificazione dei 12 casi, esaminando le cartelle cliniche dei piccoli pazienti e ascoltando le testimonianze dei genitori. Una inchiesta giornalistica che mise in evidenza come nessun dei 12 casi corrispondesse a quelli descritti nell’articolo del 1998 e che di fatto solo un bambino aveva un chiaro autismo regressivo. Inoltre dimostrò gli interessi economici iniziati già un paio di anni prima della pubblicazione dello studio, quando Wakefield fu ingaggiato da un avvocato del movimento che si batteva per i risarcimenti da danni da vaccini e che nel 2006, a dieci anni “dall’ingaggio”, il Sunday Times rivelò che Wakefield aveva ricevuto oltre 436mila sterline di emolumenti.

Eppure nel 2012 il tribunale di Rimini condannò il ministero della salute a risarcire una famiglia in quanto secondo il giudice “la menomazione permanente dell’integrità psicofisica” vale a dire un “disturbo autistico associato a ritardo cognitivo medio” sia “riconducibile ad una vaccinazione non obbligatoria”. Di qui la condanna al risarcimento.

Eppure sono già alcune decine gli studi scientifici che hanno dimostrato come non ci sia correlazione tra vaccinazioni e autismo, ma la decisione del tribunale di Rimini non resta isolata in Italia e anche altre procure avanzano tesi simili tanto che è intervenuto anche il ministro della salute Lorenzin.

Inoltre anche trasmissioni televisive parlano con disinvoltura della questione senza le dovute precauzioni.

Nel giornalismo scientifico è ben chiara la e codificata la prassi che ogni teoria viene diffusa e raccontata in base all’evidenza scientifica che ha. Lo studio di Wakefield si basava su una dozzina di bambini, quelli che hanno confutato la sua frode su oltre 14 milioni.

Il risultato al giorno d’oggi è una diminuzione delle vaccinazioni “obbligatorie” sotto la soglia dell’85%, percentuale che segna il limite all’insorgenza di nuove epidemie di malattie considerate debellate. Il crollo è ancora maggiore rispetto ai vaccini antinfluenzali. E come al solito a rimetterci sono poi le persone a rischio come bambini, anziani e immunodepressi che sviluppano malattie con virulenza maggiore e complicanze con più facilità.

E seppur è vero che ancora c’è molto da scoprire nella medicina, il dato al momento certo è che il rapporto rischi/benefici è in modo preponderante a favore dei benefici.

Franco Cavalli

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