martedì , Marzo 19 2024

San Marino andata e ritorno

Di notte, arrivando al cantone, è il Palazzo nell’ombre una mole elevata, massiccia alle spalle.

Il piede s’arresta all’ultimo passo,ché gli occhi son come abbagliati da un tramestio di luci.

Poi, i gomiti sul murriccio, ti sporgi.

E’di sotto la piazza del Borgo un rettangolo su cui di lampioni un fioco lume dispiove:d’altronde a limitarla d’intorno ci pensano le case,che si accalcan con tetti più alti, men alti, ansiose nel buio.

In alto è la luna nel vuoto una faccia arcuata:opalescente, lontana.

Se lo sguardo scivola a basso son giravolte di luci, dove si snodano strade, dove si aggruppano case; se ti soffermi a guardare distingui quelle che tirano al verde da quelle che sono d’arancio.

Solo più tardi t’accorgi del fresco che sale dall’anfratto del monte.

Giù in fondo, là dove tu sai che la costa si stacca dal mare,è un pullulare di luci che non hanno intervallo,un’ampia fascia che vibra.

Una luce più forte,isolata:uno stabilimento d’industria;un nucleo d’altre:l’aeroporto;un’altra ancora sospinta in avanti:il traghetto che muove sull’acque.

Sono sceso una notte d’estate alla città accovacciata sul mare.

La macchina scivola lieve sfiorando il costone del monte,assuefatta alle curve nel tratto in più forte pendio;poi sciolta nel tratto che mena al confine.

Il confine è una barriera ideale:non guardie, appena un segnale.

Una spinta d’acceleratore e sei fuori.

La macchina non conosce sobbalzi,ché morbido è il falsopiano,son ampie le curve:puoi ascoltare la radio o mettere il braccio al di fuori del finestrino.

Allora l’aria t’arriva sul volto a sollievo.

Talvolta qualche auto gioca al sorpasso,talora tu giochi al sorpasso.

I fari s’inseguono l’un l’altro,a volte s’incrociano:luccioloni impazziti.

Non di rado succede che sfolgorino tropp’alti gli abbaglianti accecando.

Il semaforo è l’occhio di un drago che scoppia improvviso:disturba lo strider dei freni,le auto si serrano addosso. Poi via di corsa:una stretta ad ogni semaforo.

La grande arteria stradale è un fiume di macchine; ma dopo la sosta io taglio deciso:m’inoltro per vie che si fanno più strette, che piegano ad angolo e vanno più addentro all’ammasso di case dove il palpito umano più palpita forte.

cantone veduta panoramica

(tratto dal racconto “Andata e ritorno”)

Giuseppe Macina

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