giovedì , Marzo 28 2024

Raccontami una storia: “Da morire”

“Da morire”

Francesca Cammisa

Che dici? Vuoi sapere di me? Io so solo che questa maledetta polmonite non mi passa da mesi. Neanche a te, eh? Davvero ti interessa quello che ho dentro? Se tu sei qui, ora, avremo sicuramente qualcosa in comune, sei nella mia stessa condizione, dovresti capirmi. Va bene, ti racconto una storia. Il fatto che tu voglia sapere di me mi ha fatto ricordare qualcosa, più che qualcosa, qualcuno che non potrò mai dimenticare.

Anche io le chiesi, dopo che ci ritrovammo, di raccontarmi quello che pensava, quello che provava, che mi dicesse cosa le accadesse. Non si apriva mai con nessuno e mi chiese se davvero ne fossi interessato perché era convinta che a nessuno interessasse nulla della sua anima. Non so perché le domandai di parlarmi di lei, in fondo aveva ragione non avevo alcun interesse di sapere cosa le passasse nell’anima. La sua, poi, troppo complicata, troppo difficile da capire. Ma lei cedette e un giorno in cui sentiva che il respiro era diventato corto e avrebbe avuto bisogno di una sola parola, ma anche no, forse solo di un orecchio capace di ascoltare e un semplice sorriso che le raccontasse qualcosa per dirle che in fondo non era sola, ci provò ma non trovò l’orecchio e men che meno un sorriso. Le lasciavo scrivere quelle mail in cui era racchiuso il suo mondo interiore, ma non le davo seguito. Un giorno in un momento di rabbia quando lei mi accusò di non darle mai delle risposte, le dissi che le sue mail erano contorte quanto lei. A rileggerle ultimamente invece le ho trovate davvero belle. Come scriveva bene, era capace di rappresentare con le sue parole quello che era il suo mondo in modo così bello. Ma allora mi infastidivano, anzi, quasi le ignoravo. In realtà quando ci ritrovammo non erano le sue parole che mi interessavano, volevo solo chiuderla nuovamente nella mia rete. Volevo farle vedere il mio nuovo mondo, chi ero diventato, che ero al centro dell’attenzione, che ero diventato un uomo bello e di successo. E poi volevo il suo corpo, dimostrarle che a letto ora ci sapevo fare. Mi piaceva stuzzicarla, farmi mandare le sue foto intime rubate da un cesso pubblico, volevo tenerla in mio potere anche da un punto di vista sessuale. Insomma, il mio unico intento era quello di sottometterla a me in ogni senso.

Una volta però non era così. Ricordo che quando eravamo ragazzi io mi confidavo con lei e mi capiva, era l’unica a percepire ogni mia sfumatura. Per questo l’amavo, ma da lontano, dovevamo rimanere sempre lontani. Forse, quando aprì nuovamente la sua anima a me, pensava che io ero ancora quel ragazzo con un mondo interiore in cui ci si specchiava, pensava che la persona che ricordava essere così sarebbe stata capace di capirla. Ma si sbagliava. Ci ha provato e riprovato a creare, o forse ricreare, quel tono che ci mettesse di nuovo in sintonia. Lei era certa che le nostre anime fossero simili, non uguali, ma simili. Ma si sbagliò, o forse era solo il momento sbagliato. Perché le nostre anime erano davvero simili, ma in quel momento ero talmente concentrato su me stesso che non vedevo niente, non mi accorgevo che lei era davvero importante e ho voltato la testa. Comunque doveva sottostare alle mie regole, altro modo per starmi accanto non c’era. Lei era innamorata, ma era troppo intelligente per permettere che io schiacciassi la sua dignità. Anche se a volte l’intelligenza non basta e quando è il cuore a comandare si è disposti ad accettare tutto. E dico tutto. Ora solo mi sto rendendo conto di quanto l’abbia fatta soffrire.

Sai perché non amo parlare di me? Perché mi sento sempre giudicato. Riesco a parlare con te ora, qui, solo perché semplicemente mi ascolti. Non mi dici “hai sbagliato” o “dovevi fare così” o “perché hai detto così”, oppure non mi guardi con quell’espressione che dice “povero scemo”. Che ne sanno gli altri delle motivazioni intime di un comportamento? Le mie motivazioni intime erano e sono così contraddittorie. Ma so di averle fatto male. Ne sono cosciente e consapevole. Sia allora, quando eravamo ragazzi, che quando ci siamo ritrovati. Volevo mostrare a lei una parte di me che non conosceva nessuno, forse costruita, ingannevole e le ho detto tante bugie. Io sono molto permaloso, non accetto che mi si dica cosa devo fare o dove ho sbagliato e quando qualcuno me lo fa notare divento acido, chiudo ogni contatto. Solo lei aveva il coraggio di contestare i miei comportamenti, sempre in modo gentile e purtroppo ora posso dire che aveva anche ragione. Ma chi si credeva di essere per poter giudicare? Mi sentivo accusato e criticato in ogni momento, non la sopportavo. Se solo l’avessi ascoltata o se solo lei avesse voluto percepire i miei silenzi come volevo io. Se solo lei avesse accettato fino in fondo quello che volevo da lei, se non avesse usato tutte quelle parole forse non sarebbe accaduto quello che è successo. Mi aveva fatto capire che per me avrebbe lasciato tutto, che mi avrebbe seguito. Che pensava? Che io avrei lasciato per lei quel mondo che mi ero costruito? E poi qualcuno si era accorto della mia propensione verso di lei, che c’era qualcosa e io dovevo assolutamente mettere a tacere ogni tipo di pettegolezzo. Io avevo una reputazione da difendere! Mi rovinava la piazza. Lo sai che il successo di un uomo si misura con le donne che ha scopato? Più raccogli consensi femminili e sessuali e più vieni rispettato, nessuno ti pesta i piedi, anche se so bene quello che pensano di me, che sono un puttaniere. Ma a me piacciono le donne, che devo fare? Ma sono state anche la mia condanna ….. Comunque dovevo nascondere al mondo ogni mio contatto con lei, e per difendere la mia immagine nei suoi confronti dovevo nasconderle la mia altra natura. Mi ero proprio rotto! …. ma mi mancava …

Vuoi ancora ascoltare questa storia? È una di quelle storie che lasciano tristi scie lungo il cammino. Sei sicuro? Va bene allora continuo.

Da ragazzi si parlava delle nostre “latenti diversità”. Lei non sapeva cosa io intendessi, eravamo giovani, eravamo uguali, due anime che in qualche modo si compensavano e si contrapponevano una all’altra, di diversa estrazione sociale, ma lei era una ragazza che apparteneva al mondo, si arricchiva della complessità della sua famiglia ma non ne faceva una bandiera, non amava nascondersi dietro sovrastrutture che non le appartenevano. Per una serie di ragioni, quando si trovava in determinati contesti faceva di tutto per allinearsi. L’avevano accusata di essersi allontanata da un determinato ambiente “borghese”, ma lei lo faceva per vivere serenamente in qualunque mondo. Per questo non capiva le “latenti diversità” che insistevo nel sottolineare. Ma io ero geloso del suo mondo, della sua famiglia benestante, della sua casa, dei suoi amici, del suo essere solare con chiunque. Insomma, io pensavo, che a differenza mia, lei aveva tutto e io niente. Anche se lei non faceva nessun tipo di distinzione. A furia di stare lontani con il tempo ci perdemmo ….

Mi dici che forse è stato meglio così? No, perché se non ci fossimo persi non ci saremmo mai ritrovati e avremmo mantenuto un ricordo meno triste. Lei avrebbe mantenuto l’idea illusoria che eravamo fatti l’uno per l’altra. Che da qualche parte esisteva un mondo perfetto che ci avrebbe accolto. Se non ci fossimo persi avrebbe continuato a credere che le anime grandi, in questo mondo futile in cui si distrugge ogni cosa, in cui tutto va veloce, esistevano ancora.

Tu invece pensi che esistano ancora le anime che siano in grado di non sporcarsi, che non cedano ai compromessi? Io la sto ancora cercando la mia anima, non so più dove sia. Hai ragione, l’anima e lì ferma, non è l’anima che cede ai compromessi, a meno che tu non la venda, ma è la testa che decide e il cuore si trova nel mezzo sballottato da una parte e dall’altra.

Io il mio cuore lo misi da parte. Erano la testa e l’istinto (soprattutto sessuale) a comandare. Lei era stata educata a non sentirlo il cuore, a non voler bene e a non volersi bene. Sai cosa succede quando metti da parte i sentimenti, quando non vuoi ascoltarli? Che si annidano da qualche parte dentro di te e covano, intanto prosegui la tua vita. Quando ci siamo ritrovati ha tirato fuori, forse per colpa o merito mio, un aspetto del suo carattere che non mi aspettavo esistesse. Aveva ceduto al cuore. Non era più capace di gestire sé stessa, si era talmente innamorata da perdere buona parte dei suoi freni inibitori, anche sessualmente. Mi cercava e quando pensava che io potessi essere disponibile mi chiedeva di vederci e io non rispondevo. Perché lei non aveva capito che ci dovevamo vedere solo quando lo volevo io e basta. Che palle! Però quando io la cercavo doveva essere a mia disposizione a qualunque ora, in qualunque momento e se non lo era, mi vendicavo e subito contattavo qualcun’altra fosse disponibile, e lei lo doveva sapere. Questa è stata una delle cause del precipitare delle cose fra noi. Certo io l’ho sollecitata per mio interesse a che lei si lasciasse andare, ma doveva essere solo per mio interesse, non doveva andare oltre quella linea di delimitazione che avevo virtualmente creato. Ma mi rendo conto che il mio cuore batteva anche dalla sua parte e io stesso ho oltrepassato quella linea. Lo so che ho sbagliato, non dovevo illuderla, ma anche io ho dei sentimenti.

Lo sai cos’è? È che penso che si viva in mezzo alla menzogna. Ma esiste una verità? Tutti i rapporti sono regolati del bisogno.

Si accorse, dopo moltissimi anni, che forse quelle “latenti diversità” esistessero davvero. Ma in questo caso era colpa di sovrastrutture che mi ero creato io nel tempo. Quando eravamo ragazzi ci distinguevamo dagli altri per essere complessi e particolari e così siamo sempre rimasti, ma il voler apparire in un certo modo mi ha portato altrove e ci ha allontanato. Con la totale apparente indifferenza volevo mostrarle quanto seguito avessi tra i mille contatti su tutti i miei profili, soprattutto femminili. Le facevo notare i miei successi, ma lei era sempre più brava di me in qualche cosa. Senza troppi fronzoli e in sordina acquistava con il passar del tempo consensi, non tanti ma sostanziali da parte delle persone giuste, insomma non quantità ma qualità e questa cosa mi faceva incazzare. Per questo non le davo nessuna soddisfazione per i suoi successi. Invece io viaggiavo sui grandi numeri visibili e questo sì che era successo! Trovai il modo per vendicarmi. In fondo io ero e sono un uomo di successo, che ha parecchia visibilità, come posso essere distrutto, posso distruggere in un attimo chi ostacola il mio cammino.

Che pensi? Pensi che io sia un mostro? No non voglio pensare per te, sono io che mi faccio questa domanda.

Però quanto mi piaceva! Litigavamo, ci scazzavamo a vicenda, ci allontanavamo per mesi, anche anni, e poi quando mi girava la ricontattavo per vederci. Il problema fondamentale è stato che ogni volta accettava come se non fosse successo niente, era sempre lì disponibile come se mi stesse aspettando. Ogni volta che ci dovevamo vedere le chiedevo se dovevo portare con me il preservativo. E lei ogni volta mi diceva, per quanto riguarda me no, dipende da te. Lei non sapeva, ma aveva capito che non era l’unica, anche se questa cosa la infastidiva parecchio (ed è stata altra causa del precipitare delle cose) accettava ugualmente di incontrarmi. Un’altra volta alla mia domanda rispose, lo sai che per me esisti solo tu, dipende da te, ma sappi che l’ultima volta che ci siamo visti mi hai lasciato un regalino un po’ fastidioso (che per fortuna non si rivelò nulla di grave). Forse dovresti controllarti. Nonostante tutto, mi amava così tanto che di me si fidava. Se le dicevo che non c’erano problemi lei mi credeva, o almeno faceva finta.

Non ci vedemmo per molto tempo. Io chiusi ogni contatto perché, per una cazzata che feci, mi resi conto di aver fatto un gran brutta figura nei suoi confronti e lei non se lo meritava. Ma mi vergognai talmente tanto che ribaltai la situazione. Feci in modo che tutta la colpa si ribaltasse e fosse lei la causa di tutto quel gran casino. Invece no. L’immagine che mi ero creato nei suoi confronti si sciolse come una candela accesa e maledetta lei, me lo disse. Mi disse che l’uomo che pensava possedere tutto ciò che lei avrebbe voluto si era rivelato essere uno come tanti altri. Quella cretina mi aveva idealizzato, perché io avevo fatto in modo di apparire come lei voleva, ma non era così. Ma stupida che era! Quanti segnali le avevo lanciato per farglielo capire. Invece no! Imperterrita ha sempre creduto in me e ogni tanto, nonostante tutto, provava sempre a ricercare quel contatto con me. Sai una cosa? Speravo sempre di ricevere un messaggio o una mail o un segnale da parte sua, ma non dovevo farglielo capire, altrimenti mi scoprivo e lei non lo doveva sapere. Era una continua lotta, ma ora mi rendo conto che quello sì che era amore.

Ma questi sono tempi in cui bisogna imparare a non innamorarsi.

È la prima volta che sono davvero sincero rispetto a questa storia. Ma, nella situazione in cui mi trovo, chissà se mai potrò mai raccontarla. Per me è un peso che ho sulla coscienza che non mi fa star sereno, forse non lo sono mai stato, per quel che mi resta ……

Che dici? Sei stanco? Anche tu? Lo vedo che sei stanco, riposiamoci un po’.

Lo sai che oggi mi sento un po’ meglio? Scaricare la coscienza ogni tanto fa bene. Ma tu non hai voglia di parlare? Di scaricare la tensione? In fondo hai ragione nel dire che ormai, siamo in pessime condizioni, a cosa può servire? Invece a me è servito. Ti ho sentito piangere questa notte. Anche io in silenzio ho pianto, perché l’ho sognata, sorrideva, con quel suo bellissimo sorriso. Anche se negli ultimi tempi lo aveva un po’ perso. Aveva perso quella naturalezza, quella gioia.

Quando ti toglieranno quel benedetto respiratore voglio sapere di te …..

Ti dicevo …. Dove eravamo rimasti? Ah sì, non ci vedemmo per molto tempo. In quel periodo non mi feci mancare nulla, finché quel maledetto giorno non feci quella cazzata, ma così grossa che mi ha portato qui in questo letto di ospedale.

Eravamo in trasferta, ed un collega mi disse che la collega di Milano, con la quale lui era sempre rimasto in contatto, era molto ben disposta. Era un gran figa! Si vedeva che ci sapeva fare! Il collega mi disse che le sarebbe piaciuto fare una cosa a quattro insieme all’altra collega di Brescia. Quale miglior occasione!? Una bella serata a quattro! Accettai immediatamente. Ci sganciammo dal resto del gruppo e organizzammo in albergo questa splendida serata! Non ci facemmo mancare niente, anche perché loro erano disponibili a tutto e dico tutto! Ti lascio solo immaginare. In questi casi che fai? Tiri fuori il preservativo? Ma va! Non avremmo potuto goderci appieno ogni posizione e ogni giochetto. Inizialmente mi lasciarono una piccola infezione, ma mi curai e sembrò passare tutto.

Dopo qualche mese accusai una leggera febbricola, che non passava mai, ero spossato, e a periodi particolarmente stanco ma soprattutto depresso. Avevo bisogno di lei, cominciava a mancarmi come l’aria e non riuscivo a capirne il perché. La contattai, ci vedemmo, accontentai la mia voglia di lei senza protezione, ingannandola per l’ennesima volta, e sparii nuovamente. Questa volta neanche lei mi contattò più, perché quel giorno la trattai davvero male, non le parlai quasi, ero distratto, la scopai e me ne andai senza quasi salutarla. Mi rimase un forte senso di colpa. Mi chiedevo il perché l’avessi trattata in quel modo, quando in realtà non vedevo l’ora di abbracciarla, di toccarla, di parlarle, di dirle che l’amavo ancora come sempre l’avevo amata. Hai ragione, l’ho ingannata, perché sai bene che io immaginavo la causa dei miei malesseri e non ho usato protezione, non ho voluto proteggerla. Stupida lei, che predicava la necessità di proteggersi sempre, di non fidarsi mai e sapeva, dopo quello che era accaduto anni prima, che di me non c’era da fidarsi, benedetta ragazza perché non mi ha chiesto di usare il preservativo? Perché non lo ha fatto? L’amore rende ciechi …..

La febbre non mi passava mai, feci degli accertamenti e come vedi sono qua sdraiato accanto a te.

Non l’ho più vista, né contattata per dirle della mia sieropositività e men che meno del precipitare delle cose, ma lo venne a sapere ugualmente sulla sua pelle. Un’amica comune che ho incontrato prima di entrare in ospedale che quando seppe della mia condizione, senza sapere della storia, o forse non storia che c’era fra me e lei, mi raccontò che cosa le era successo. Già immagini vero?

Io non gliel’ho mai detto a parole, anche se sono certo che in cuor suo lo sapeva, ma in realtà, anche se l’ho trattata così male, mio caro amico, l’amavo tanto ma così tanto da morire.

 

ph: Marta Muratori

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