giovedì , Aprile 25 2024

L’ossessione e il sogno

«Allora, sei pronta?». Ermanno si ravviva i capelli allo specchio, gli occhi stanchi per la troppa lettura. Nella testa ha mille voci, fragranze, sensazioni, poche quelle cortesi. Veste una camicia bianca a manica corta sopra un pantalone lungo ma talmente leggero da sembrare fatto d’aria.

«Un attimo!» geme Giulia. La sente correre al piano di sopra, dapprima scalza, poi con un sandalo solo che risuona cupo sul parquet. La sente ridere, ribaltare scatole, poi silenzio.

Gli appare sul balcone delle scale come un fantasma. Alta, le lunghe braccia nude appoggiate alla balaustra, lo sguardo sorridente. Ha indossato l’abito di Agnese, quello scuro. E ne porta anche i gioielli.

«Sei splendida!» Ermanno rimane incantato. Fatica ad abituarsi a quella presenza e al fatto che sia lì per lui.

«Lo so! Stasera voglio farti ingelosire. Mi guarderanno tutti, Silvi intera commenterà del conte e della contessa!».

«Io non sono un conte, però tu meriteresti senz’altro quel titolo». La guarda mentre scende le scale. Una mano a tenere in su la piega del vestito, che non le si impigli sotto al tacco, l’altra all’aria, ad acchiappare un qualche sostegno invisibile per mantenere l’equilibrio. Al polso, un minuscolo orologino da donna vecchio di cent’anni.

«Stasera voglio essere Agnese, voglio farla rivivere. Ormai sappiamo molte cose di lei e del conte Stornelli. Spazziamo via ogni ricordo, dimentichiamo chi siamo. Ho voglia di rimandare indietro l’orologio del tempo di settant’anni, per l’ultima volta, lo vuoi anche tu?».

«Per amor tuo si può fare qualsiasi cosa. Vedo che hai indossato anche le sue scarpe. Come ti stanno?».

«Mmm… Un pelino larghe, aveva delle belle fette! Stasera ho addosso solo cose sue, null’altro!».

Si gira, sibillina, per farsi allacciare i bottoni del vestito. Ancora una volta Ermanno fatica ad allontanare lo sguardo dal bel fondoschiena, che pure ormai conosce bene. Sotto il vestito non indossa nulla, solo l’aspetto esteriore la accomuna ad Agnese.

«Allora dammi cinque minuti. Mi vestirò come un conte, solo per te». Corre via lungo le scale e sparisce nella stanza dal letto a baldacchino. Sa già cosa indossare. Ha ampia scelta: tight, frac, smoking. Allinea qualche abito sul letto, abbina le camicie, i farfallini. Il vero problema sono le scarpe, il conte aveva il piede più piccolo. Ben oltre i cinque minuti promessi, si presenta a sua volta sul limitare delle scale.

«Morirai dal caldo!» Giulia scoppia a ridere. Ermanno inizia a scendere, pestando sulle punte che gli fanno male. Il frac e la goffa andatura lo fanno sembrare un pinguino un po’ cresciuto. Si sistema i gemelli, poi sfila il bastone dal pomolo d’argento da sotto l’ascella e approda a pianterreno, leggermente imbarazzato per la pomposità dell’abbigliamento ma felice della scelta. Giulia gli raddrizza il papillon e gli scocca un bacio sulla guancia. Poi, con un risolino, si affretta a togliere il segno del rossetto, di un tenue color pesca.

Escono. La sera è abbastanza fresca, una brezza leggera scivola tra gli aghi dei pini e fa risuonare gli arbusti di oleandro in fiore. Le cicale friniscono in alto, tra le fronde della palma che ondeggia e fruscia discreta.

Brano tratto dal libro “L’ossessione e il sogno” di Walter Serra

(per un approfondimento, leggi anche “intervista a Walter Serra“)

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