Buon anno
di Patrizia Birtolo
Dare spazio a ciò che amo è il proposito per l’anno nuovo.
E sottrarmi a ciò che non amo… Certi inviti.
Sei single? Ti devono coinvolgere in qualche festa. In una sperduta, gelida casa di montagna, tra un gamberetto e un calice di moscato c’è una raccolta di fanciulle – di solito vanno dal bruttino all’inguardabile – speranzosamente agghindate al loro meglio.
Fine.
E basta ristoranti dove mangio troppo e male, locali casinari e pure viaggi in capo al mondo.
Stavolta un impegno preciso e originale e tappo la bocca a tutti.
Che fai l’ultimo? Indagano con velato sadismo i colleghi man mano che si avvicina il 31. E io:
Capodanno in treno!
No che non ci vengo da voi, tra figli pestiferi, mogli compassionevoli per la mia condizione di giovanotto libero e solo, nonni storditi e zie affette da tombola compulsiva.
Meglio un treno del 1930 riadattato ad hoc. Partirò alle sette da Lecco, cenone con camerieri in abito scuro e il dondolio ipnotico delle rotaie che mi culla fino a Mantova. Brindisi e fuochi in piazza. Colazione a bordo e di nuovo a Lecco per le sei. Abito quasi in centro, tre minuti e sarò a casa.
Al cocktail di benvenuto, noto lui. Azzimato, porta gli anni con vero stile. L’atmosfera Orient Express gli si addice. Mi concentro sul raffinato ottuagenario.
Che la curiosità sia reciproca? Picchietta la copertina del mio libro delicatamente. Se una notte d’inverno un viaggiatore, perfetto per la circostanza. Calvino mi fa sentire al sicuro.
“Gran bel libro. Un bene leggerlo senza esservi obbligati” sorrido: mi è già simpatico.
“Intendo dire da un insegnante” puntualizza bonario.
“Amo quest’autore… E lei?”
“Ho conosciuto Italo” afferma con naturalezza.
La tartina quasi mi va di traverso.
“Un vero signore, un cervello di prim’ordine. Ma non c’è bisogno lo dica io.”
“Me ne parli, la prego…”
Siamo allo stesso tavolo; mi delizia tutta sera raccontando i bei tempi. Un alone di mistero lo circonda, sarà di ottima famiglia: titolato o giù di lì. Mai dovuto lavorare, girato il mondo, amato donne stupende, vinto e dilapidato fortune… Che incontro, l’anno si congeda in grande.
“Stiamo per arrivare!” dico incredulo: la cena è passata in un soffio.
“Allora la saluto. Lieto di averla conosciuta, lei è davvero una persona a modo.”
“E il brindisi, la colazione?” L’idea di perderlo di vista mi abbatte.
“È il mio ultimo viaggio” sussurra con empatica dolcezza.
“Ma…”
“Non si rattristi. Son troppo vecchio per sobbarcarmi il ritorno. Quest’atmosfera” si guarda intorno frullando la mano tremolante a indicare l’arredo anni trenta “è la mia atmosfera. Volevo riassaporarla.”
Il treno si ferma, ci si avvia al guardaroba. Indossa un elegante cappotto nero e un inserviente gli porge il bastone da passeggio.
“Se ho arrecato disturbo mi scuso, spero non sia stato un anno duro per lei… Mi rammenterò la sua gentilezza.”
Ammutolisco. Con autentica malinconia lo guardo allontanarsi nella nebbia mantovana che allaga il marciapiede della stazione.
Ho brindato, ballato. Concerti, artisti di strada, ragazze carine, nuovi numeri in rubrica: son felicemente stravolto. Crollo sul sedile ed ecco nello scompartimento entra un turbine.
Cinque anni sì e no. Corre, si pianta qui e urla Ciao! con l’impeto adatto ad avvisare di un incendio nel vagone. Si siede, coi piedi non tocca a terra. Attacca:
Gennaio mette ai monti la parrucca, febbraio grandi e piccoli imbacucca
“La sai tutta?” Esalo, fantozziano.
Marzo libera il sol di prigionia, april di bei colori gli orna la via e batte e ribatte i piedi contro il sedile.
“…”
Maggio vive tra musiche di uccelli, giugno ama i frutti appesi ai ramoscelli
Ok, siamo a metà del guado.
Luglio falcia le messi al solleone, agosto avaro ansando le ripone… Dicendo falcia mima il gesto di fendere l’aria col braccio come fosse una falce bipenne.
Settembre i dolci grappoli arrubina, ottobre di vendemmia empie la tina
Ci siamo, fra poco ha finito.
Novembre ammucchia aride foglie in terra…
Tace. Aspetto. Ho chiuso gli occhi, da agosto in poi, ma adesso ne apro uno.
“E poi?”
Mi scruta beffardo.
Dicembre ammazza l’anno e lo sotterra.
“Senti… La Mamma? Ti starà cercando!”
Spallucce. “Hai capito?”
“Sì, bella filastrocca. Non hai sonno?”
“No. Hai capito?”
“Cosa?” Mi irrita, lo ammetto.
“Ho ucciso l’anno vecchio!” fa petulante.
“Scusa?”
“Quello con cui parlavi prima!”
Sbarro gli occhi. Che fantasia! Mi avrà notato ma non l’ho visto, ero preso da Luigi, il gentiluomo d’altri tempi.
“Come ti chiami?” dirotto la conversazione.
“Luigi!”
“Ah” ho la bocca secca.
“Non mi chiedi niente? Chiedi, dai.”
“Eh?”
“Un desiderio! Che vorresti?”
Tante cose bimbo mio, sapessi… Vedere posti nuovi, tempo per i libri… Un Noi che finora non c’è stato, non definitivo e rassicurante come speravo io…
“Beh?”
“E tu?”
“Ho già tutto.”
“Ecco…”
“Sei troppo lento, stop!”
Lui è terribile, io esausto. Siam quasi a Lecco; due ore e albeggerà. Appena a casa doccia calda e a letto fino a sera.
Guarda in tralice me, poi fuori. “Uh, scappo. Ho tanto da fare, io” un saltello e scende dal sedile; se ne va.
“Ciao” dico, un misto di sollievo e ingiustificata tenerezza. Alza la mano, saluta senza girarsi. Apre la porta scorrevole, richiude e schiaccia il viso contro il vetro, fa boccacce. Tiro fuori anch’io la lingua. Riapre di scatto:
“Ehi… Me ne ricorderò! Non sai che t’aspetta! Siamo solo all’inizio!”
Correrò i miei rischi. Lo seguo allontanarsi, un’inquietudine però serpeggia dentro.
Non sia mai dovesse aver ragione lui.
Patrizia Birtolo: note biografiche:
Classe ’68, laureata in lingue, insegno. Sono sposata, ho due figli. Nel 2006 il primo racconto con Cut Up. Dal 2006 al 2011 sono finalista a Premio Oltrecosmo, D come Donna, Premio Nero di Puglia, Orme Gialle. Miei racconti sono selezionati per svariate antologie collettive (Onirica, Delos Books, Montag, CIESSE, Il Foglio). Nel 2012 esce Qualcosa di rosso per le Edizioni Montag. L’antologia è selezionata per la VI edizione del Premio Città di Como. Nel maggio ‘19 vinco la sezione narrativa del concorso Angie Cafiero. Seguono il terzo posto al Note raccontate (Beatles Day 2019) e al XIV Memorial Gennaro Sparagna (sez. racconti Bonsai). A novembre ’19 Premio della Giuria Popolare al Che fine ha fatto FrankEnSTEin? di Este. Nel febbraio 2020 secondo posto al concorso Storie Vagabonde.