mercoledì , Novembre 13 2024

It’s a too-much-talk world

”IT’ S A

TOO-MUCH -TALK WORLD”

”Entriamo,dunque, per conoscere la sua ambasciata,che io potrei gia’ ora svelare,prima che il francese apra bocca”

(W.Shakespeare)

Empatici,narcisi.

Soffrono (nemmeno tanto nel silenzio) il loro detestarsi o amarsi e quel doversi sopportare

giocoforza se si parla di famiglia,di piccole comunita’ o ambienti di lavoro e gruppi di condivisione.

Comunicare.

Stare assieme puo’ significare anche radunarci in silenzio di fronte a un quadro ed estasiarcene:giustissimo.

Forse venti anni fa potevamo sognare ancora che ognuno ritenesse dentro fiori e sogni riguardo a quel dipinto:custoditi segretamente, ma vivi.

A tutt’oggi stare assieme significherebbe ancora parlarsi,ascoltarsi( o comunque sentirsi)col denominatore comune del rispetto e di una compassione reciproca.

Evado discorsi ormai abusati riguardanti social networks,siti,e.mail e affiliati:altro pianeta.

La Voce,il Parlare: fisici, situazionali.

Parlare e’ offrire umilmente una parte di noi via- voce,impiegare in maniera preziosa il tempo che ci sfugge davanti e senza tregua regalandoci l’esperienza di una compagnia che per traversie reali e differenti possiamo vivere oggi-domani ,chissa’.

Ma quante volte nel nostro quotidiano ”parlare”

perde la sua iniziale maiuscola ?

Come a maneggiare una penna, a inchiostro finito, con cui voler marcare impossibilmente precisi passi di avvicinamento a qualcun altro.

Ora i nostri pensieri sono narcisisticamente impreziositi da un universo che pubblicizza un ostinato affermarsi del se’ su tutto il resto.

Nel momento della nostra offerta dialettica ,per la ragione di cui sopra, i nostri riceventi stanno gia’ ‘cliccando’ sugli altri pensieri che qualche altra parola(assolutamente non chiave nelle nostre argomentazioni)ha bellamente suggerito loro.

I nostri interlocutori hanno pronti gia’ da un pezzo i loro commenti(che non sono che risposte altre)e fremono dall’esprimerli, scavalcandoci e sgretolando di netto la nostra vicinanza empatica a loro,o per lo meno il nostro tentativo di attuarla.

-”Al mercato,dove c’era anche Marco,una povera signora anziana e’ stata derubata!!”-,esordiamo.

Questo e’ il nostro incipit transposto:-”amici,sono impietrito da cosa e’ stato fatto di fronte ai miei occhi a questa povera signora…!”-

Io credo che possiate immaginare il sequel.

-”MARCO?Dove vive adesso?E’ ancora fidanzato con Alice? Ma il ladro vive qui?La conosciamo,la signora?…”-

E potremmo continuare.

Il basico sottotesto di partenza e’ stato brutalmente abbattuto,le intenzioni del racconto sono andate a ordinare un caffe’ al bar.

Sicuramente ci stiamo dannando per aver menzionato il nostro innocente amico Marco,e per come tutto questo rappresenti il florilegio dell’odierna incomunicabilita’.

Tralasciamo etichette di confino quali un certo insinuante piacere per il pettegolezzo e la comune distrazione del nostro pubblico:

la volta successiva,se raccontassimo ancora della malcapitata nonnina derubata,sarebbe per un buon novanta per cento una novita’ per gli stessi interlocutori che avevamo di fronte nel giorno del nostro shock.

Quando ne abbiamo(perche’ si suppone ancora ne esistano),ci sono diverse tipologie di uditorio.

Io stesso posso inserirmi tra gli ascoltatori ‘visuali’:

Francesca mi racconta di un leone,io(si comincia in questo modo e inconsapevolnente da bambini)visualizzo il ‘mio’ leone(a cartoon,tipo-gattone,con la coda che termina a pennacchio,i lunghi baffi,i dentoni appuntiti-o un bellissimo felino rigogliosamente chiomato su di una radura bruciata di un rosso ambra ,che saluta come al principio di un film della Metro Goldwin Mayer).

Magari siamo ascoltatori ‘grafico-letterali’:

le lettere di L E O N E mi si stampano davanti nell’aer mentre Francesca mi parla,come stessimo scrivendo qualcosa di lui ,o a mano o al computer.

Chi vive di una sua ricezione ‘speciale’,magari si fa una propria idea mentale del nostro leone figurandosi-con l’aiuto dei sensi-un nasone umido o del pelo crespo, o imitando sonoramente un ruggito come ne avesse alle orecchie il suono proveniente da una grande creatura.

Il territorio a questo punto si farebbe molto interessante perche’ l’umanita’ e’ davvero variegata.

Tuttavia,i casi di cui si fa fin qui paradigma,parlano di tipologie di soggetti ”ascoltatori”.

In quante occasioni ci e’ capitato di parlare ‘del leone’ a chi per quel tipo di ascolto,partecipativo, non ha assoluto interesse?

In questi casi mettiamo un ideale foglio bianco di fronte ai nostri riceventi,materiale di cui non sanno disporre e servirsi.

Bene.

Stiamo fin qui parlando dei nostri interlocutori in buona fede.

Se non lo fossimo-e non lo fossero loro verso di noi-dovremmo provare tutti a meditare sulle prevedibili ambasciate portate dal ‘Francese’ di Shakespeare,tornando all’intestazione di questo modesto saggio.

Thanks for listening!

 

Llewis Busignani

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