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Paolo Borzacchiello proclamato “Uomo Illuminato”

Sabato 28 novembre Paolo Borzacchiello verrà proclamato “Uomo Illuminato” da parte degli Stati Generali delle Donne e di Sportello Donna: il riconoscimento viene assegnato agli uomini, celebri a livello nazionale e internazionale, che nella professione e nella vita privata hanno dato un contributo tangibile, saggio e consapevole al percorso verso il raggiungimento della parità di genere e la valorizzazione dell’identità di ciascuno.

“La parità di genere è una questione essenzialmente linguistica – commenta Borzacchiello – perché i nostri pensieri sono plasmati dalle parole che usiamo. Se vogliamo aiutare le persone a sviluppare una visione più uniforme a ciò che abbiamo come ideale, dobbiamo partire dal linguaggio. Questo premio è sprone a insistere ancora di più in questo campo così importante per tutti. Ciascuno è chiamato a fare la propria parte, a essere un eroe: gli altri possono dare strumenti per portare avanti la missione, ma è l’eroe che deve sconfiggere il demone da solo. E i mentori sono dappertutto”.

Tu raccomandi sempre, di fronte a qualcuno che vuole oscurarci, di splendere più forte e che lo splendore è l’unica risposta: come si applica, in concreto, in contesti in cui la prevaricazione è ancora tanto pressante?

“Si applica continuando a fare quello che ci fa battere il cuore, occupandoci di quello che possiamo fare e, per quanto mi riguarda, rifuggendo la battaglia, la guerra e la lotta fine a se stessa. È un tema delicato, me ne rendo conto: il parlare “contro” fine a se stesso alimenta rabbia proprio in chi usa quel tipo di linguaggio ed esaspera la posizione di chi è dall’altra parte, perché interviene il principio di coerenza e impegno unito a una serie di bias cognitivi. Non sposti le persone dicendo di essere contro, è un dato di fatto. Le campagne “contro” fanno molta eco mediatica ma non producono risultati o un reale cambiamento. Il cambiamento deve essere sottile e impercettibile. È una legge biologica: nella misura in cui contrasti, perdi. Splendere è resistere alle invidie degli altri, di cui fa parte il bullismo sdoganato dai social. A me capita ancora di essere insultato e bullizzato sul mio modo di esprimermi, mi scrivono messaggi anche in privato oltre che in pubblico: la mia reazione è scrivere un post alternativo ancora più bello e faccio in modo di essere ancora più felice, così do ancora più fastidio all’hater di turno. Sottolineo che parlare meglio non esclude evidenziare i comportamenti negativi e sanzionarli: denunciamo ciò che non va, parliamone e nel frattempo continuiamo a costruire un valore tale per cui viene superata la ghettizzazione”.

Nei tuoi libri e nelle interviste hai rivelato di aver conosciuto la discriminazione sulla tua pelle: sei stato bullizzato da bambino perché asmatico e balbuziente, ora insegni la respirazione efficace e sei considerato uno dei massimi esperti di intelligenza linguistica, il mago delle parole. La tua storia personale ha favorito lo sviluppo di una sensibilità particolare verso una cultura dell’integrazione?

“Fa parte del mio database cognitivo, non riesco a restare indifferente davanti a un sopruso. Tutta la mia opera di divulgazione è insegnare alle persone a parlare meglio e a stare bene. Il fatto di imparare a stare bene, infatti, non aiuta solo il bullizzato ma anche chi compie atti di bullismo. Bullizzi gli altri quando hai poche parole e pochi pensieri: non riesci a risolvere problemi complessi, non sai esprimere le tue emozioni e ti sfoghi sugli altri. Ecco, il mio lavoro è a latere. Nella mia vita personale la sintesi è stata “Balbetto? Ok, allora io divento bravissimo con le parole e adesso mi pagano perché insegni a parlare”. Non è un’esperienza paragonabile alla violenza su una donna, certo. Per vincere il sessismo servirà ancora molto tempo: sto piantando semi di un albero sotto cui non potrò stendermi. Trovo sessista dire “uomini e donne”, trovo sessista che gigolò sia l’elegante e unico equivalente maschile di termini al femminile qui irripetibili e umilianti, che a volte tolgono anche l’identità di essere umano attingendo ad altri campi semantici. Le quote rosa, altro esempio, sono la dimostrazione del sessismo: capisco che sono necessarie adesso per compiere i primi passi, so che verranno superate dall’insegnamento di una cultura così alta che farà contare solo la persona e il suo merito. Tutto quello che era normale vent’anni fa non lo è più ora, altrettanto accadrà tra altri vent’anni. Lavoriamo sulla cultura delle persone”.

La realtà si plasma e si cambia una parola alla volta: quali parole utilizzare e quali evitare affinché la parità di genere diventi normale nelle varie fasce della società?

“Eviterei il frame dell’essere contro, mi piace molto di più essere a favore ed evocare frame come rispetto, abbraccio, parità, valorizzazione, il riconoscimento di ciò che è bello e divino in ogni persona che incontri. È molto utile esercitarsi utilizzando pochissimo il verbo essere, già questo risolverebbe almeno metà dei problemi di sessismo: nella misura in cui etichettiamo gli altri sulla loro identità comunque li limitiamo, mentre se ci concentriamo su quello che fanno dimentichiamo chi l’ha fatto per focalizzarci sull’azione. È un passaggio importante. “Sei una femminuccia” crea uomini che bullizzano. Eviterei “maschietto” e “femminuccia”, etichettare i comportamenti dei bambini crea disparità di genere. Ricordiamoci che il verbo essere etichetta, anche nelle cose buone: etichettiamo di meno e concentriamoci sui comportamenti”.

 

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