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Il Titano vieta le discriminazioni per orientamento sessuale

Sì al divieto costituzionale

SAN MARINO. “Tutti sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, orientamento sessuale, condizioni personali, economiche, sociali, politiche e religiose.” Nel voto al referendum del 2 giugno i cittadini sammarinesi hanno confermato con il 71,46 per cento di consensi la proposta di inserire il divieto di discriminazione per orientamento sessuale nella “Dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali dell’ordinamento sammarinese”. San Marino diventa così l’undicesimo stato al mondo a prevederlo nella Costituzione, insieme a Gran Bretagna, Svezia, Portogallo, Malta, Bolivia, Ecuador, Isole Fiji, Nuova Zelanda, Messico e Sudafrica.

«La battaglia è ancora lunga»

Secondo Paolo Rondelli, attuale vicepresidente dell’Arcigay di Rimini e ideatore, insieme ad altri, della proposta di legge sulle unioni civili, le battaglie non sono finite. «Sembra una conquista da nulla», ha detto a Open. «Molti ora dicono che non ce n’era bisogno, che siamo nel 2019, che siamo in Romagna. Ma, in realtà, quel 28% di “no” a me preoccupa. C’è una parte della popolazione che ritiene non necessario ribadire la necessità antidiscriminatoria». L’unico partito della Repubblica a non aver preso posizione sul referendum è stato Democrazia Cristiana. Secondo Rondelli, lo zoccolo duro della popolazione conservatrice di San Marino rende difficile anche il raggiungimento di altri traguardi civili, tra i quali la possibilità per le donne di mettere fine a una gravidanza. Se i gay cominciano a essere integrati grazie a questi provvedimenti, una donna che abortisce a San Marino ancora non è tutelata. «Noi abbiamo ancora il reato d’aborto, che prevede l’arresto immediato della gestante», ha spiegato Rondelli. «Ci sono difficoltà anche per la somministrazione della pillola del giorno dopo, data la quantità di medici obiettori presenti sul territorio». (Fonte: Open)

“Un messaggio chiaro e forte”

Il Comitato promotore della progetto di legge di iniziativa popolare per la “Regolamentazione delle Unioni Civili” esulta per l’esito del secondo quesito del referendum di domenica. «Si tratta di un passo ulteriore, dopo l’approvazione della legge sulle unioni civili del 20 novembre, che va a porre il suggello della cittadinanza allargata a un percorso che proprio dalla cittadinanza era spontaneamente partito. Non possiamo che ringraziare i 10 mila concittadini e concittadine che hanno manifestato il proprio sostegno, dimostrando che l’apertura verso i diritti civili è oggi forte nel Paese.  Rispetto ai diritti LGBT i progressi sono stupefacenti, se si pensa che solo nel 2004 era stata abrogata la norma del codice penale che puniva l’omosessualità. La vittoria schiacciante del 2 giugno è l’espressione chiara di una popolazione che può sembrare silente ma che aspetta solo l’occasione per sostenere battaglie di civiltà e di estensione dei diritti. Auspichiamo che questo successo sia solo il primo passo di una stagione popolare ricca di riconoscimenti di nuovi diritti su tutti i fronti, animata da un profondo e proficuo dibattito, a partire dalla proposta di legge sull’interruzione volontaria di gravidanza che a breve andrà in discussione, sino a tematiche altrettanto fondamentali come il trattamento del fine vita».

 

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