lunedì , Aprile 29 2024

“Digital purpose” di Valentina Belgrado

DIGITAL PURPOSE

di Valentina Belgrado*

I

Ti siedi. Guardi il PC.

Tu, pallida e assorta, in tuta
e con lo sguardo spento.

Ma l’altro, fisso e nero,
acceso… I tuoi occhi vuoti e grigi
scrutano il monitor, che arde.

«E mai,
non ti alzasti?» «Mai»

«Non ti allontanasti
più?» «Non più, Prof».

«Io sì: mi alzai.
E le rividi, le mie bianche suole,
e lì rivissi i dolci anni a scuola,
quei piccoli anni così amari al cuore».

L’altra sorrise «E dica: non lo ricorda
quell’orso bruno? I rospi con le rane?
I canestri tra cui baskettano i palloni?
I ligustri bianchi? Quel segreto brusio
misterioso, con quel pixel, pistillo di…?»
«morte: sì, cara».

«Ed era vero? Tanto
io ci credevo che non mai, Eniac,
sarei passata al triste chip accanto.

Ché si diceva: il processore ha come un’agave
che inebria l’etere. Un suo screensaver che bagna
l’anima d’un oblio dolce e crudele.
Oh! Quella scheda madre con dentro la circuteria

cerulea!»

Il professore ascolta.

Una mano
posa sulla sua tastiera,
e l’uno e l’altra guardano lontano.

II

Guardano. Sorge nell’azzurro intenso
del modem di maggio il loro dicastero,
pieno di memorie, pieno e acceso.
Guardano. E si profuma il lor pensiero
d’odor di random e d’uessebì a ciocche,
di sentor di persistenza e di mistero.
E negli orecchi ronzano, alle bocche
salgono anatemi, scordati,
là, da tastiere appena appena tocche…
Oh! Quale vi sorrise oggi, alle RAM,
ospite caro? Porte più grandi e liete,
tornaste alle remote camere
oggi. Ed oggi, più CPU. Ave, ripete,
Ave Avatar, il vostro processore in coro;
e poi d’un tratto (perché mai?) mugolate…

Spasimano, un poco, nel tramonto d’oro,
senza perché. Quante fanciulle son
nel database, grigio qua e là, di loro!
Grigio e ciarliero. Ad or ad or, col suono
di fono acceso, vengono. Rimane
qualcuna, e legge in un suo kindle buono.
In disparte da loro agili e sane,
una spiga di hard disk, anzi di film
spruzzolati di sperma, digita «onani»,
l’accesso ignoto,

spande remoto.

III

«Prof!» «Avatar!» Un poco più le mani
si premono. In quell’ora hanno venduto
l’upgrade, i cari anni lontani.
Memorie (l’una sa dell’altra, al muto
premere) dolci, come è tristo e pio
il lontanar d’un ultimo download!
«Avatar!» «Prof!» L’alunna piange, «Addio!»,
dice tra sé, poi volta la schermata
grave al piccì, ma i neri occhi no: «Io,»
mormora, «sì: sentii quell’alimentatore. Sola
ero con le trojans verdi. Il vento
portava odor di cookies e di browsers

al forno. Nel cuore, il languido fermento
d’un kobo che notturno arse e che s’era
all’alba, nell’ignara anima, spento.
Io mi ricordo quella greve sera.
Display soffiava luce di baleni
silenziosi. M’inoltrai lieve

e cauta, su per i molli software

erbosi. I piedi mi tenea la visualizzazione.

Sorridi? E dirmi sentìa, Vieni!
Vieni! E fu molta la dolcezza! Molta!
Tanta, che, vedi… (l’altro, la risoluzione
alza degli occhi, e non solo quella, e ascolta
con un suo lungo brivido…) si muore!»

 

*Nata a Firenze nel 1975, Valentina Belgrado si è laureata in Letteratura Teatrale Italiana nella sua città, per trasferirsi successivamente ai Castelli Romani, dove vive con il marito e il figlio. Ha pubblicato poesie e racconti su riviste e antologie, recensioni a libri e film su riviste e i romanzi Ius (eBook ©2017 Amazon Formato Kindle), Eloheinu (Nulla Die, 2018), Il gioco interrotto (Nulla Die, 2019, finalista al Premio del Mare Marcello Guarnaccia), Reborn (Nulla Die, 2019; in eBook, 2020) e Disforia (Ensemble, 2020).

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