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Carlyle si compra Golden Goose

Carlyle si compra Golden Goose.

Le scarpe italiane di Golden Goose finiscono a Carlyle. Dopo mesi di indiscrezioni sull’interesse da parte di diversi soggetti (tra cui, oltre a Carlyle, anche la holding mediorientale Mayhoola, Bc Partners e Lion Capital), a spuntarla è stato il fondo americano di private equity. A cedere, un pool di investitori guidati da Ergon Capital Partners, che avevano rilevato il marchio nel maggio del 2015. A seguito del deal, secondo quanto risulta a Pambianconews, dovrebbe arrivare nel ruolo di AD Giorgio Presca, ex numero uno di Geox.

Ma cos’è un private equity? È una forma di proprietà, e questa oltre ad essere la definizione è anche la vera forza di questi strumenti. Secondo De Benedetti la chiave del successo di un’azienda dipende anche dagli azionisti, oltre che dal prodotto, dalle tecnologie, dal know how e, non per ultimo, dal management.

Sempre per il manager torinese, il private equity è uno strumento che permette il miglioramento dell’azienda, uno strumento di gran lunga superiore alla Borsa per diversi motivi, soprattutto se si tiene presente che l’ottica temporale di un private equity è in genere di cinque anni.
In altre parole, il private equity può essere definito l’alternativo alla Borsa, capace di funzionare sia nei cicli economici espansivi sia in quelli recessivi.

Il closing dell’operazione, di cui non è stato reso noto il valore (anche se si parla di una valutazione dell’azienda attorno ai 430 milioni di euro), è previsto entro la fine di marzo. Golden Goose rappresenta la quarta acquisizione di Carlyle (che gestisce un patrimonio complessivo di 169 miliardi di dollari) nel settore dell’abbigliamento e del fashion a livello europeo, dopo le precedenti operazioni di Moncler, TwinSet Simona Barbieri e Hunkemoller.

Il brand veneto di calzature di alta gamma è stato fondato nel 2000 e ha registrato nel 2016 oltre 100 milioni di euro di ricavi, di cui circa il 60% generati sui mercati internazionali. Attualmente, la label è distribuita nel mondo attraverso un network di oltre 700 negozi multibrand, oltre a otto flagship store a gestione diretta.

Intendiamo supportare lo sviluppo di Golden Goose in particolare negli Stati Uniti e in Asia, puntando soprattutto a un’accelerazione della presenza retail a livello mondiale e online”, ha commentato Marco De Benedetti, managing director e co-head di Carlyle Europe Partners.

Golden Goose Deluxe Brand è stata fondata nel 2000 dai creativi Francesca Rinaldo e Alessandro Gallo.

È una brillante storia imprenditoriale che merita di essere raccontata quella di questi due veneziani che fanno coppia nel lavoro e nella vita. Da quel giorno sono passati 16 anni e oggi la sede di Marghera è il cuore pulsante di un brand diffuso a livello mondiale che conta 690 punti vendita e numerosi negozi monomarca da Milano a Parigi, da New York a Londra, passando per Tokyo e Saint Tropez. E l’espansione continua: entro la fine di quest’anno il marchio veneziano approderà a Hong Kong e Pechino, il prossimo anno a Los Angeles e Miami. Il fatturato parla da solo: 98 milioni di euro e un trend in costante crescita (+21 milioni rispetto ai 77 del 2015). Niente male, per essere nato come prodotto di nicchia. I due veneziani hanno iniziato puntando sulle gonne ricavate da vecchi jeans vintage e poi sulle camicie, sui capi in pelle e sulle borse. Ma sono le scarpe sneakers, con la stella cucita sul lato, il prodotto di maggior tendenza: realizzate a mano, costano mediamente 350 euro e la distribuzione è planetaria.

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La chiave del successo? La manifattura, uno stile raffinato e mai banale, con riferimenti all’arte frutto delle collaborazioni con la Biennale di Venezia. L’ufficio centrale è a Marghera (ricavato da una vecchia fonderia) mentre la produzione viene gestita attraverso una rete di fornitori esterni in Veneto. Nel 2015 il fondo belga Ergon Capital assieme alla Zignago Holding ha acquistato l’84% delle quote, ma la coppia è ancora all’interno con una quota di minoranza. La scalata nel mondo della moda, partita come una scommessa, non si è ancora fermata.

 

Giulia Castellani

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